mercoledì 29 giugno 2011

ASTENERSI DAL CAUSARE SOFFERENZA di Marco Ferrini (Matsyavatara Dasa).

Il consumo di carne è pratica comune nella nostra società. Al contrario, chi si astiene da un'alimentazione a base di animali, viene spesso tacciato di eccentricità e sentimentalismo. L'essere carnivori appare, ai più, una condicio sine qua non per la salute fisica e ci si chiede di cosa può mai nutrirsi chi se ne si discosta. A causa di questi diffusi luoghi comuni e ad una politica commerciale senza scrupoli che confeziona carne e pesce nelle più creative forme e colori, si è perso di vista cosa in realtà si nasconda dietro tali prodotti. Sono animali, creature viventi, dotate di un sistema nervoso che fa sperimentare loro molte delle emozioni conosciute anche dall'essere umano. Si pensi agli animali domestici, a coloro che talvolta divengono anche i più fedeli compagni di qualcuno e che sanno manifestare affetto, gioia e parimenti tristezza e paura. Costoro possono percepire dolore non solo sul piano fisico, bensì anche su quello psichico. E se lo possono fare canidi e felini, perché non potrebbero anche ovini o bovini! Il pensare ed accettare che, per soddisfare le esigenze di qualcuno, animali innocenti vengano macellati, illudendosi che ciò non causi loro sofferenza, è una mentalità da asura(1). È un'illusione persino pensare di essere esenti da responsabilità solo perché non si è direttamente coinvolti nell'omicidio di tali esseri: come spiegano chiaramente gli Shastra, tutte le volte che si prende parte ad un processo di violenza, in misura piccola o grande si è colpevoli. Dunque, se si ha la capacità di discernere cosa effettivamente succeda e sia successo per ottenere determinati prodotti, se si ha la consapevolezza di quanto dolore si generi per la mentalità di cui sopra e si desideri non esserne partecipi, ci si deve discostare, adottando una dieta opportuna, medicine e modi di procedere che siano da questa lontani. È necessario quindi rifiutare i prodotti che provengono dal mattatoio, ma al contempo fare attenzione a rimanere su una piattaforma di equilibrio, che non inibisca eccessivamente l'azione: è impossibile in questa vita evitare completamente la violenza, fondamentale però è prendere deliberatamente le distanze da ciò che avviene a causa nostra, quando noi potremmo avere le alternative. La tradizione indovedica insegna il rispetto di tre importanti parametri a tal fine: tempo, luogo e circostanza; se per esempio si vivesse al Polo Nord, dove non sono presenti numerosi alimenti sostitutivi, sarebbe difficile riuscire ad astenersi completamente da quelli a base di pesce. In circostanze diverse, perciò, dobbiamo tenere di conto di quelle che sono le reali possibilità alternative e non dismettere con tanta facilità e superficialità una buona alternativa che ci eviterebbe di incorrere in attività ugra-karma(2). Rispettando tutti gli esseri viventi, al meglio delle nostre possibilità, scopriremo di aver reso beneficio non solo a loro, ma anche a noi stessi.

(1) Lett. 'ottenebrati'; spiriti delle tenebre violatori dell'armonia universale, eternamene in conflitto con i 'luminosi' deva, detti anche sura, preposti dal Supremo al mantenimento del cosmo.
(2) L’aggettivo ugra significa ‘terribile’ e, preposto al termine karma, indica quelle azioni che infrangono pesantemente l’ordine cosmico e che sono perciò foriere di grandi sofferenze, sia per chi le subisce che per chi le compie.

Tratto da 'Il nettare dell'Insegnamento' (Commento all'Upadeshamrita) di Marco Ferrini (Matsyavatara Das).

lunedì 14 febbraio 2011

COUNSELING DELLA NUTRIZIONE PRESSO LA SEDE DEL CENTRO STUDI BHAKTIVEDANTA.

Seminario tenuto da Roberto Innocenzi presso la sede del Centro Studi Bhaktivedanta a Ponsacco
Sito Web: www.csbcounseling.org

Sabato 5 Febbraio 2011
Tema: Counseling della Nutrizione

La nutrizione è intimamente connessa al benessere di ogni essere vivente e non si può parlare di buona salute se la nutrizione non è adeguata.
La persona ha bisogno di curare e rispettare il proprio corpo affinché esso sia efficiente, in modo che possa espletare tutte le funzioni necessarie per evolvere in sintonia con le leggi della Natura. Affinché questa meravigliosa creazione divina che è il corpo possa funzionare per favorire il percorso evolutivo dell'individuo, è necessario che vengano adeguatamente nutrite le miliardi di cellule di cui è composta. Tanto più correttamente la si nutrirà, tanto più a lungo e meglio potrà vivere. 
Le cellule sono unità intelligenti. Quando il corpo è sano, esse fanno sempre la cosa giusta al momento giusto, anche quando noi non ne siamo consapevoli, regolando perfettamente il nostro metabolismo per permettercidi esprimere tutte le nostre potenzialità fisiche, intellettuali e spirituali.
 Ogni forma di cibo, non solo fisico, ma anche psichico, produce un effetto diretto sulla regolazione del metabolismo e di conseguenza incide sul decorso patologico o sulla riattivazione del processo di guarigione. Per questo non sarà mai abbastanza l'importanza che diamo all’alimentazione.
 In questo seminario verrà trattato il tema della nutrizione e la sua influenza sul benessere generale dell'individuo e si conseguenza sulla qualità delle sue relazioni.

Domenica 6 Febbraio 2011

Tema: Tecniche di autoconsapevolezza: La Bioenergetica di A. Lowen

La bioenergetica è un modo di comprendere la persona osservando i suoi processi energetici. Questi processi, tra cui la produzione di energia attraverso la respirazione, i relativi metabolismi ad essa collegati e la scarica di energia nel movimento, sono funzioni basilari della vita. La quantità di energia di cui si dispone e l’uso che se ne fa determinano la risposta alle varie situazioni della vita. Se si dispone di maggiore energia, questo comporterà una maggiore armonia nella capacità di espressione individuale. Ma affinché ciò accada c’è bisogno di armonizzare corpo, mente e anima, poiché è solo nella perfetta armonia tra queste differenti dimensioni dell'essere che si può aspirare a raggiungere un pieno benessere, sostenuto da un alto senso di integrità morale, di amore per gli altri e di consapevole rapporto con il Divino. Grazie a questo sublime equilibrio è possibile conseguire quello “stato di grazia” tanto difficile da ottenere nella vita di tutti i giorni quanto essenziale per la nostra realizzazione.

giovedì 2 dicembre 2010

LA SCELTA VEGETARIANA NELLA TRADIZIONE CRISTIANA.

Agostino di Ippona (354-430), santo, vescovo, la  sua mensa era parca e frugale, composta di erbaggi e legumi.
Ambrogio di Milano (339-397), santo, vescovo, tra i primi dottori della Chiesa latina, scrittore, fu assertore del regime vegetariano, escludeva dalla sua mensa carne, pesce, uova e latticini, nutrendosi di erbaggi, frutta e verdura. Diceva: “La carne fa cadere anche le aquile che volano”.
Antioco Eremita, visse fino a cento anni nutrendosi di verdure crude e bevendo sola acqua.
Basilio Magno (330-379), santo, vescovo, dottore della Chiesa orientale, padre del monachesimo orientale, legislatore monastico. Fondò una comunità di asceti che si nutrivano solo di pane e verdure e bevevano solo acqua.
Benedetto da Norcia (480-547), santo, patriarca del cenobitismo occidentale, nella sua regola il divieto assoluto della carne per i monaci e anche per i bambini.
Bernardo di Chiaravalle (1090-1153), santo e dottore della Chiesa, si nutriva di pane, latte e zuppa di verdure. Affermava: “Troverete più nelle foreste che nei libri”.
Bonaventura da Potenza (1651…), beato francescano, nella regola dei Certosini da lui fondata l’astinenza totale dalle carni che estese pure ai monaci ammalati: chi disobbediva a questa regola veniva espulso dall’Ordine.
Caterina da Siena (1347-1380), santa, dottore della Chiesa, una delle maggiori scrittrici del XIV secolo, rinunciò alla carne fin da piccola nutrendosi di pane, erbe crude e bevendo solo acqua.
Cesario d’Arles , santo, scrisse due regole, la prima per i monaci, la seconda per le sacre Vergini del monastero di S. Giovanni Battista. In questa regola era assolutamente vietato mangiare carni.
Chiara da Montefalco vissuta nel 13° secolo, si nutriva di frutta ed erbe selvatiche e pur dormendo sopra un giaciglio fatto di sassi si conservò sempre in salute.
Filippo Neri (1515-1595), dopo una visione non mangiò più carne o pesce e si nutrì esclusivamente di pane, erba e qualche f rutto.
Francesca Romana (1384-1440), santa, sposa, madre, vedova esemplare. Operò strepitosi miracoli. Fin da giovanissima si astenne dal vino e dalla carne.
Francesco di Paola (1416-1507), santo, eremita, fondatore dell’Ordine dei Minimi, per la sua dieta parca e frugale fu chiamato dai suoi contemporanei “mangiatore di radici”.
Fulgenzio di Ruspe, visse verso la fine del 5° secolo, santo, monaco e vescovo, non mangiava mai carne.
Giacomo Minore, apostolo, cugino di Gesù vescovo di Gerusalemme. Secondo Eusebio di Cesarea non mangiò mai carne di animali, né bevve vino.
Giovanni Battista, ultimo dei profeti ebrei, detto il precursore di Cristo, si nutriva di focacce e miele.
Giovanni Bono (1169-1249), fondatore dell’ordine degli Eremiti, non mangiava mai carne; consumava in una settimana quello che i loro confratelli mangiavano in un giorno.
Giovanni d’Avila (1499-1569), santo, sacerdote, si nutriva di legumi e frutta.
Giovanni Maria Vianney (1786-1859), santo e guida spirituale, si nutriva quasi essenzialmente di patate.
Girolamo (345-419), santo e dottore della Chiesa, tradusse e revisionò la Bibbia, auspicava il ritorno alla condizione antecedente il Peccato: “L’astinenza dalla carne ricomincia con la venuta di Cristo”.
Giuseppe Cottolengo (1786-1842), santo, fondatore di 4 comunità femminili ed una maschile ove la regola da lui stabilita prescriveva l’obbligo di non consumare carne.
Gregorio da Nazianzeno (329-389), santo, vescovo, dottore della Chiesa orientale, ritenuto il teologo più erudito mai vissuto, si riferisce che mangiasse esclusivamente lupini.
Leonardo da Porto Maurizio (1676-1751), santo, sacerdote, scrittore, non consumava né carne né pesce.
Matteo, apostolo, santo, evangelista. Clemente Alessandrino riporta che si nutriva di frutta, semi ed erbaggi.
Migne (1800-1875), abate francese, riteneva l’astinenza dalla carne ciò che maggiormente contribuiva alla perfezione e alla felicità dell’uomo.
Nicola da Tolentino (1245-1305), santo ed eremita agostiniano, si asteneva da carne, pesce, latticini e dai condimenti con grasso.
Nilo ( 910-1004), santo, mangiava pane, legumi e frutti e beveva solo acqua.
Paconio (292-346), santo, iniziatore della vita cenobitica, fondatore di numerosi monasteri ove i pasti erano a base di erbe, pane, olive,  formaggi con divieto assoluto di carne e vino.
Paolino di Nola (353-431), santo, osservò sempre l’astinenza dalle carni.
Pietro, apostolo, santo. Nei Ricognitinoum libros di Clemente Romano si riferisce che si nutrisse di pane, olive e raramente erbe.
Pietro d’Alcantara (1499-1562), santo, asceta francescano, uno dei più grandi mistici spagnoli, si nutriva tre volte a settimana consumando solo piselli e fave.
Pietro il Galata, consumava solo pane ed acqua.
Pietro Regalado, santo, francescano di stretta osservanza, straordinario taumaturgo, nelle comunità che fondò i membri si nutrivano solo di legumi, estendendosi da carne e vino.
Pio V (1504-1572), santo, vescovo, cardinale e poi papa, si nutriva con erbe e legumi.
Tommaso d’Aquino (1220-1274), santo, massimo rappresentante della Scolastica medioevale, eminente teologo, riteneva che carni, latte e uova costituissero il massimo incentivo alla lussuria.
Vincenzo Ferret (1350-1419) santo domenicano, è considerato il più grande predicatore di tutti i tempi, si asteneva dalla carne.

Franco Libero Manco

lunedì 4 ottobre 2010

RISPETTARE IL PIANETA di Giovanni Canepa.

Il nostro stare in questo pianeta deve essere caratterizzato da una grande attenzione per le forze della natura che da sempre era stata venerata dai nostri antenati. Allora si sapeva benissimo che il corpo, l'anima e l'ambiente sono intrinsecamente connessi. Cosa che noi ora abbiamo dimenticato. Del resto, i nostri antenati e anche i nostri nonni hanno sempre reso onore alla natura e curato sé stessi con erbe antiche, oli da fiori, radici frantumate e con altri metodi originali per una guarigione naturale tramandata di generazione in  generazione. Se vogliamo sopravvivere, dobbiamo riaccendere la fiducia che i nostri antenati avevano nella cura e nei poteri mistici della natura. Quei poteri che sono profondamente radicati nella Filosofia Orientale Classica, che riconosce come interdipendenti fra loro il benessere fisico mentale e spirituale. Per rispettare il Pianeta dobbiamo cessare di mangiare carne i cui allevamenti consumano risorse enormi che vanno scarseggiando. Inoltre esiste un problema di rispetto per questi esseri che possono essere uccisi per divenire cibo solo in casi di assoluta mancanza di alternative. Ma oggi abbiamo tutto senza bisogno di uccidere gli animali. E poi la carne della grande distribuzione fa male per i mezzi artificiali usati per una produzione più grande e veloce.

giovedì 30 settembre 2010

SETTIMANA VEGETARIANA.



Il Centro Studi Bhaktivedanta ha deciso di promuovere la settimana vegetariana mondiale con la speranza che sempre più persone realizzino quanto inutile sia il massacro di animali per l'alimentazione umana.
Questa settimana potrebbe essere uno stimolo per molte persone a provare una dieta priva di violenza e capire quanti benefici porta sotto molti punti di vista: economico, ambientale, salutistico ed etico.

Questa settimana il nostro blog sará particolarmente attivo nel fornire suggerimenti, ricette e spunti di riflessione sulla scelta vegetariana.

In attesa dei vostri interventi e commenti vi auguriamo una buona VEG-settimana!

CSB staff

mercoledì 25 agosto 2010

ONU: 'LA DIETA VEGANA SALVERA' IL MONDO'.

Gli allevamenti causano deforestazione e emissione di gas.
Le Nazioni Unite per la prima volta indicano la transizione verso una dieta priva di prodotti animali come la via da seguire per risolvere i problemi ambientali e alimentari che affliggono il pianeta. L’inedita presa di posizione, che ricalca ciò che molte associazioni animaliste e ambientaliste dicono da tempo, quando sottolineano le buone ragoni non solo etiche, ma anche ecologiche, per passare a una dieta vegan, si leggono nell’ultimo rapporto diffuso dall’Unap, il Programma Onu per l’ambiente, pubblicato lo scorso due giugno. Nelle conclusioni dello studio dal titolo ”Assessing the environmental Impacts of Consumption and Production”, gli scienziati mettono in guardia sui rischi della prospettiva in cui all’incremento in corso della popolazione mondiale corrisponda un aumento dei consumi di carne, pesce, latte e uova, che avrebbe conseguenze ambientali devastanti prevenibili solo con un drastico cambiamento delle abitudini alimentari mondiali e la rinuncia all’utilizzo, da parte di tutti, dei prodotti animali. Secondo le proiezioni pubblicate quest’anno dalla Fao, infatti, l’attuale modello culturale e la diffusione del consolidato stile di vita occidentale porterà la produzione di carne a più che raddoppiare entro il 2050 (arrivando dagli attuali 228 milioni di tonnellate a 463 milioni). Senza un’inversione di tendenza, si tratterà di un vero e proprio disastro ambientale i cui effetti sono calcolabili già adesso, visto che l’insostenibilità dell’attuale modello emerge da tutti i dati messi in evidenza nei rapporti dell’ organizzazione intergovernativa, senza che però da questa consapevolezza siano scaturite mai concrete iniziative politiche. Il rapporto Onu indica la zootecnia tra le prime voci delle priorità da affrontare nel prossimo futuro, riconoscendo l’allevamento degli animali come una delle cause primarie all’origine dell’inquinamento e del riscaldamento globale, che provoca all’ambiente più danni rispetto alla produzione di materiali per l’edilizia, come sabbia e cemento e materiali come plastica e metallo, e sottolinea che le coltivazioni per i mangimi animali sono dannose come il consumo di combustibili fossili. Ma la zootecnia è, soprattutto, uno degli ambiti in cui è maggiore lo spreco delle risorse. In termini strettamente energetici, infatti, come spiega dettagliatamente il Neic (Nutricion ecology International Center), l’allevamento degli animali ”da reddito” è uno degli investimenti meno proficui e gli animali sono come ”fabbriche di proteine alla rovescia” poiché il funzionamento del loro metabolismo fa sì che il capitale investito nella produzione di carne sia poi restituito in modo drasticamente più basso. Basti pensare che servono 25 kcal di cereali per ottenere un solo kcal di carne bovina, 11 volte più rispetto all’energia necessaria per la produzione di grano, che ammonta a 2,2 kcal circa. E il rapporto è di 57:1 per la carne di agnello, 40:1 per quella di manzo, 39:1 per le uova, 14:1 per il latte e la carne di maiale, 10:1 per il tacchino, 4:1 per il pollo. E mentre il settore zootecnico consuma le calorie che potrebbero sfamare le popolazioni del sud del mondo, fa anche peggio con l’acqua che porta via, visto che, oltre all’8% di acqua potabile mondiale che serve ad abbeverare direttamente gli animali reclusi negli allevamenti, è enorme la quantità necessaria per coltivare i foraggi che li nutrono. A conti fatti, per ottenere un chilo di manzo da allevamento intensivo si sprecano duecentomila litri d’acqua a fronte dei duemila che bastano, ad esempio, per la stessa quantità di soia dal valore nutritivo comparabile. Se poi si pensa che allevare gli animali produce più emissioni di gas serra rispetto al settore dei trasporti e ben il 64% dell’ammoniaca totale, che concorre all’acidificazione degli ecosistemi e alle piogge acide, è chiaro come la zootecnia contribuisca anche a complicare gli sforzi per la conservazione della biodiversità. Secondo l’ultimo rapporto Fao il 10% delle specie protette rischiano l’estinzione per cause riconducibili direttamente gli allevamenti intensivi, perché il 26% delle terre libere dai ghiacchi è destinato all’allevamento e soggetto a deforestazione e erosione, mentre le deiezioni animali, prodotte in quantità che i terreni non sono in grado di smaltire, contaminano gravemente gli ecosistemi acquatici.  Cambiare le cose, però, stavolta, è alla portata di tutti. Negli ultimi paragrafi del rapporto Onu, nel capitolo sui consumi, gli scienziati indicano chiaramente la via da seguire, sottolineando quanto sia diretto il rapporto tra dieta e salvaguardia del pianeta e come scegliere i prodotti animali comporti un ben maggiore impatto rispetto ai prodotti vegetali. Poche volte come in questo caso la responsabilità di salvare il mondo passa in concreto dalle scelte quotidiane.

Tratto da Liberazione.it

Di Leonora Pigliucci (10/06/2010)

venerdì 30 luglio 2010

DAL 'CONVEGNO UOMO E ANIMALI' TENUTO A FIRENZE NEL 2001 - Intervento di Marco Ferrini (Matsyavatara Das).

Vorrei iniziare rispondendo alla domanda che è stata posta circa la differenza tra il nutrimento vegetale e animale in termini soprattutto etici, per ciò che riguarda cioè il rispetto dovuto agli esseri viventi. Da un punto di vista religioso, etico, ma anche sociologico, economico e medico-sanitario, ci sono molte ragioni dell'opportunità della dieta vegetariana. La persona non si nutre soltanto del cibo in quanto tale, ma anche di tutte quelle impressioni psichiche che sono contenute in esso e che agiscono a livello sottile sulla sua costituzione psicofisica.
Pensate a quanto possa essere carico di energie negative un cibo prodotto esercitando violenza: tutte quelle sensazioni di paura, terrore, sgomento, provate dall’essere vivente al momento dell’uccisione, permangono in quel corpo brutalmente massacrato come indelebili tracce a livello psichico e anche fisico, essendo i due piani inscindibilmente collegati, e vengono di conseguenza assimilate, anche se in maniera non consapevole, da chi sceglie quel cibo come nutrimento. Per questi ed altri motivi, l'Ayurveda, la scienza della vita, la scienza medica tradizionale indovedica, afferma che l'alimentazione di tipo vegetariano è incomparabilmente più capace di favorire l’equilibrio psico-fisico, la longevità, conservare la giovinezza e il vigore, di quella basata sui cibi carnei. Considero un dovere ed un piacere essere qui tra voi per parlare del tema “uomo-animali”. Il nostro rapporto con gli animali e con la vita in generale dovrebbe interessarci tutti da vicino, pena una perdita progressiva di sensibilità e di capacità di sopravvivere, vivere e convivere.  Desidero perciò ringraziare sinceramente e profondamente gli organizzatori di questo convegno, soprattutto per la dimostrata capacità di dare voce a così tanti e diversi rappresentanti appartenenti alla sfera del pensiero religioso.


Gli umani per loro natura sono esseri sociali; le persone che riescono a vivere in completa solitudine possono appartenere soltanto a due categorie che si trovano esattamente all’opposto: la categoria degli psicopatici e quella degli eremiti. Tutta la grande gamma di umanità intermedia ha in qualche modo bisogno di vivere in contatto con gli altri, e questi altri non sono e non possono essere, come conferma l'esperienza, soltanto gli umani.
 Vi leggo a proposito una riflessione fatta da una persona profondamente religiosa, intendendo con questo aggettivo riferirmi ad un livello di consapevolezza e non necessariamente ad una carica ecclesiale. Io parlo qui in nome di una tradizione antichissima, quella vedica, ma ho scelto di leggervi un brano, a mio avviso particolarmente significativo, che appartiene ad un’altra cultura e che comunque conferma il punto di vista dei Veda:

"Il rumore pare solo insultare l'orecchio quando è privo della vita. E che cosa resta della vita se un uomo non può udire il pianto solitario di un uccello, o il conversare dei rospi attorno ad uno stagno durante la notte? Che cos'è l'uomo senza gli animali? Se tutti gli animali se ne andassero, egli morirebbe di una grande solitudine di spirito. 
Ciò che avviene agli animali, ben presto succede anche all'uomo; in tutto c'è un legame".


Sono qui evidenti nette somiglianze con le concezioni vediche, come vedremo in seguito, e con il pensiero di alcuni filosofi pre-socratici, ad esempio quelli citati dai colleghi che mi hanno preceduto. 
Questo brano, che appartiene alla tradizione degli indiani d’America, termina con la seguente affermazione:


"Tutto ciò che accade alla terra, accadrà anche ai figli della terra. Se gli uomini sputano in terra è come se sputassero addosso a se stessi. Questo sappiamo: non è la terra che appartiene all'uomo, ma è l'uomo che appartiene alla terra. L'uomo non ha tessuto la tela della vita, è semplicemente uno dei suoi fili e tutto ciò che fa alla tela lo fa a se stesso”.


Questa riflessione, fatta da un capo indiano pellerossa, rappresenta la  risposta agli emissari del Presidente degli Stati Uniti che volevano acquistare la terra dei nativi. Essa esprime la consapevolezza della profonda relazione che lega l’uomo agli animali e all'ambiente in cui vive.  Se parliamo di animali, non possiamo non parlare anche di ambiente; solo così, infatti, potremo ben comprendere e contestualizzare la posizione che spetta ai vari esseri viventi nel grande mosaico della vita.