giovedì 3 dicembre 2009

Seminario Invernale CSB 2009/2010


La Scienza della Meditazione e la Trasformazione Evolutiva della Personalità

Analisi e commento del Kaivalya Pada.
Imparare l'arte della meditazione per favorire la liberazione dai condizionamenti e lo sviluppo della gioia nella relazione d'amore con Dio, con sé e con gli altri.

Pinarella di Cervia (RA), dal 27 Dicembre 2009 al 3 Gennaio 2010
Struttura sul lungomare - Pinarella di Cervia (RA)

Informazioni e Prenotazioni

Segreteria CSB:
tel 0587 733730 - 320 3264838
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mercoledì 28 ottobre 2009

Vuoi salvare il pianeta? Non mangiare bistecche


Milioni di persone minacciate da tifoni e uragani sempre più aggressivi, civiltà costiere destinate ad affondare negli oceani. Alle Maldive si stanno già attrezzando: nei giorni scorsi il governo è stato convocato sott’acqua, per lanciare un appello al resto del mondo contro il surriscaldamento del pianeta. E se la lotta ai cambiamenti climatici cominciasse nel piatto? Come? Rinunciando alle bistecche.

“Produrre carne è uno spreco d’acqua e produce una quantità elevata di gas serra. Mette sotto pressione le risorse del pianeta. Una dieta vegetariana è meglio”. E’ quello che pensa dalle pagine del Times lord Stern, un tempo consigliere di Blair, autore del rapporto 2006 che per primo mise nero su bianco la tragica inconfutabilità dei cambiamenti climatici, con un’avvertenza: combatterli ora ci costerà caro, ma infinitamente meno di quanto peserebbe sulle nostre finanze non fare nulla. Senza contare che la green-economy aprirà prospettive di crescita inedite e indispensabili in un mercato cresciuto finora puntando solo sul consumo e sulla quantità. Quindi non per scelta verde, ma per ragioni economiche lord Stern - docente d’economia alla London School of Economics - suggeriva una sterzata vigorosa.

Ed è lo stesso che fa ora, solo che l’appello non è più ai governi - non solo, ha scritto infatti anche ad Obama chiedendogli di partecipare in prima persona al prossimo summit di Copenaghen - ma ai singoli individui. Perché miliardi di persone che masticano i prodotti della Terra possono fare - letteralmente - il bello o il cattivo tempo. Dunque, via dalle tavole roast-beef, rollé, stufati, spezzatini e ossibuchi. Per salvare la Terra bisogna mangiare verde.

Per riempiere i panini planetari di hamburger stiamo infatti deforestando gli ultimi polmoni verdi, per convertirli alla produzione di mangini. Mucche e maiali producono un’enorme quantità di metano, un gas che è 23 volte più nocivo all’atmosfera di quanto non sia il biossido di carbonio. Secondo le Nazioni Unite la produzione di carne è responsabile del 18 per cento delle emissioni di Co2 del pianeta.

Una drastica riduzione avrebbe effetti importanti. Ma per cominciare bisognerebbe invertire un trend che è tutto in salita: l’Onu calcola che per metà del secolo il consumo di carne, stante le tendenze attuali, sarà raddoppiato. Lord Stern non ha dubbi su che cosa sia necessario fare: cambiare abitudini, far diventare il consumo di carne inaccettabile, un costo troppo alto da sostenere guardando alle future generazioni. “Ora ho 61 anni - dice lord Stern -. Da quando ero studente è radicalmente cambiato l’atteggiamento verso il bere o la guida, la gente ha cambiato idea su ciò che è o meno responsabile. Ora dovranno chiedersi sempre di più qual è il contenuto di Co2 del cibo che mangiamo”.

Una domanda che sarà imperativa, perché i cambiamenti sono già tra noi, nonostante la ritrosia di governi ed opinione pubblica ad accettare la necessità di una nuova rivoluzione copernicana, virando verso un’economia sostenibile. E anche la salute protrebbe avvantaggiarsene. In Gran Bretagna, informa il Times, il consumo quotidiano di proteine derivate da animali è di 50 grammi: un petto di pollo o una costoletta d’agnello. Non è un’esagerazione, ma è superiore del 25-50% del quantitativo consigliato dall’Organizzazione mondiale della sanità.

Articolo pubblicato su L'Unità - 27 ottobre 2009

lunedì 19 ottobre 2009

MANGIARE UOVA O ALIMENTI CHE LE CONTENGONO...
Di Giovanni Canepa.



Video degli orrori insiti nella produzione di uova.
Ormai la gente considera gli animali commestibili come derrate.
Derrate, in italiano, leggi: merce che si può consumare mangiando.
Negli Stabilimenti di Galline Ovaiole di tutto il mondo si consuma un crimine organizzato su vasta scala ogni giorno; una volta venuti alla luce del neon i pulcini maschi viaggiano su un natro trasportaotre e mani "pie" prelevano i maschi e li gettano vivi in un tritacarne. Nessuna sorte migliore è riservata alle femmine che passano la breve vita pigiate in angusti spazi e poi spremute a fare uova. Finita la loro stagione di produzione vengon uccise. Se questa è umanità...

domenica 13 settembre 2009

ARTICOLI: CORRIERE DELLA SERA, 10 Settembre 2009.
Meno carne per se stessi e per il pianeta.
Ridurne i consumi diminuisce il rischio di tumori e malattie del cuore, ma anche il riscaldamento globale.


MILANO - Un modo semplice per volersi bene ed essere ecologicamente corretti? Portare in tavola un po' meno carne. È meglio per la nostra salute, ma anche per il mondo intero: il 18 per cento dei gas serra deriva proprio da tutte le attività connesse all'allevamento degli animali usati per produrre carne, perciò ridurne i consumi avrebbe un impatto non da poco pure sul riscaldamento globale.

Meno carne per se stessi e per il pianeta.
Ridurne i consumi diminuisce il rischio di tumori e malattie del cuore, ma anche il riscaldamento globale.

SALUTE – L'appello arriva dai cardiologi riuniti a Barcellona per il congresso dell'European Society of Cardiology, che specificano: «Consumare carni di manzo e maiale in grosse quantità aumenta di circa il 30 per cento il rischio di morire per colpa di una malattia cardiovascolare o un tumore. Il World Cancer Research Fund e l'American Institute for Cancer Research hanno indicato in 500 grammi alla settimana il consumo massimo di carni rosse». L'Organizzazione Mondiale della Sanità è ancora più prudente e parla di un introito raccomandato pari a 300 grammi di carne rossa (fresca o conservata) alla settimana: 45, 50 grammi al giorno. Ma secondo i dati dell'Osservatorio dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione (INRAN), in Italia adulti e adolescenti ne mangiano più del doppio e solo i lattanti rispettano il consumo raccomandato di proteine animali. Insomma, abbiamo davvero un po' esagerato. Anche perché la connessione fra consumo di carne rossa e guai per la salute è ormai sicura: poco tempo fa, ad esempio, uno studio ha confermato che mangiarne molta aumenta la mortalità e che l'11 per cento dei decessi negli uomini e il 16 per cento di quelli nelle donne potrebbero essere evitati riducendo l'introito di bistecche, insaccati e affini.

AMBIENTE – I «danni» della troppa carne rossa però non si esauriscono a livello del singolo: come hanno spiegato i cardiologi a Barcellona, il consumo senza freni che caratterizza le società occidentali è legato a doppio filo con il riscaldamento globale. E i cambiamenti climatici a loro volta sono responsabili di innumerevoli problemi per la salute umana: dalle patologie respiratorie alla malnutrizione, destinata ad aumentare con l'estendersi delle aree calde e desertificate. «Le malattie umane e il riscaldamento globale sono indubbiamente correlate, in molti modi diversi – scrivono i cardiologi nel documento diffuso al congresso –. L'OMS e molte associazioni mediche stanno tenendo conto di ciò nelle loro raccomandazioni, ma il problema è ampio e tutti devono fare la loro parte. E difficilmente interventi a livello delle politiche energetiche, agricole, urbane o dei trasporti possono avere successo se tutta la popolazione non è cosciente dei rischi connessi ai cambiamenti climatici». Informazione e consapevolezza, quindi, sono fondamentali. Anche perché secondo una ricerca appena uscita su Food Research International, il cerchio finirà per chiudersi: con l'aumento delle temperature medie infatti la qualità della carne è destinata a peggiorare, perché molti animali da allevamento soffrono il caldo e quando vivono a temperature elevate (per il maiale, ad esempio, il termometro non dovrebbe superare i 31 gradi) danno carni più scure, dure, meno grasse e saporite. Meno buone, insomma. Forse è meglio non essere costretti a rinunciare alla carne per questo motivo, ma pensarci prima contenendo i consumi per evitare brutte conseguenze, per noi e il pianeta. Sono piccoli gesti che contano: mangiare meno carne, ma anche scegliere cibi che non debbano percorrere migliaia di chilometri prima di arrivare sulla nostra tavola. Una dieta ecosostenibile, insomma, che aiuterebbe il mondo a stare un po’ meglio e ci manterrebbe più in salute.

Elena Meli

lunedì 24 agosto 2009

ARTICOLI: CORRIERE DELLA SERA, 19 Agosto 2009.
Esperti Usa: Ok alla dieta vegetariana

Pronunciamento ufficiale dell'American Dietetic Association, ma con alcune precisazioni.
Ma va studiata bene e mai improvvisata, specie per i bambini.


MILANO - Il documento ha un certo peso. È infatti la parola dell'American Dietetic Association, che sulla rivista dell'associazione ha preso posizione in materia di dieta vegetariana con una sorta di dichiarazione ufficiale sul tema. Che suona più o meno così: «Diete vegetariane accuratamente pianificate possono essere salutari, nutrizionalmente equilibrate e in grado di offrire benefici per la prevenzione e il trattamento di malattie come cancro, obesità, diabete e patologie cardiovascolari. Se vengono ben studiate, sono appropriate in ogni età della vita e possono essere adatte anche a donne in gravidanza, bambini e adolescenti».

NO ALLE IMPROVVISAZIONI - Da questa parte dell'oceano è quasi del tutto d'accordo Carlo Cannella, presidente dell'Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, che commenta: «Le diete vegetariane sono sicuramente positive per la salute e anche sicure, a patto però di seguire specifici criteri. Non possono cioè essere improvvisate, perché richiedono conoscenze che non tutti hanno: chi vuole intraprendere questa strada dovrebbe farsi seguire da un medico o da qualcuno competente. Ciascuno può poi imparare da solo a gestire la propria alimentazione, ma è bene non affidarsi a praticoni o lasciarsi andare al fai da te».

BAMBINI - Il rischio di carenze infatti esiste eliminando carne, pesce e, nelle versioni più «hard», pure i latticini. Per questo Cannella richiama alla cautela quando si parla di bambini: «Con i bimbi ci andrei davvero piano. Temo molto gli estremismi, soprattutto i genitori che assumono posizioni radicali e impongono ai figli, anche molto piccoli, diete restrittive che possono portare a un'alimentazione squilibrata, con tutti i rischi che ne conseguono durante un periodo delicato come quello dell'accrescimento. Per di più – prosegue Cannella – la dieta vegetariana implica il consumo di quantità di cibo maggiori, perché gli alimenti che la compongono hanno una densità nutrizionale più bassa. Un regime simile può essere quindi più difficoltoso da seguire nell'infanzia».

VANTAGGI – Cautela quindi coi più piccoli, ma a parte questo l'esperto italiano sposa la posizione statunitense: «Se ben condotte, le diete vegetariane non sono pericolose. Il rischio di carenze è marginale e riguarda soprattutto nutrienti come la vitamina B12 che è difficile trovare negli alimenti permessi: c'è ad esempio nel tofu o nei funghi coltivati, ma è abbastanza inusuale consumare grosse quantità di questi cibi», dice Cannella. Via libera dunque, se ci si fa seguire da un esperto che ci spieghi cosa e quanto introdurre nell'alimentazione quotidiana. I vantaggi non sono pochi, come spiega il documento dell'American Dietetic Association: «I vegetariani hanno un indice di massa corporea mediamente inferiore, un rischio più basso di ipercolesterolemia, ipertensione, malattie cardiovascolari e diabete. La loro dieta contiene bassi livelli di colesterolo e grassi saturi e apporta invece grosse quantità di fibre, vitamine C ed E, magnesio e potassio, flavonoidi, carotenoidi, folati – scrivono gli esperti statunitensi –. Queste differenze nutrizionali possono spiegare alcuni dei benefici dell'alimentazione vegetariana variata e bilanciata, a cui è associata anche una minor probabilità di tumori».

MAMME - Nel documento americano ci sono sezioni dedicate ai benefici specifici della dieta senza carne sull'osteoporosi, il cancro, le malattie cardiovascolari e una parte dedicata a rassicurare le future mamme vegetariane: «La loro alimentazione può essere nutrizionalmente adeguata e non pericolosa per loro stesse e per il bambino», scrivono gli autori. La raccomandazione finale ribadisce però il concetto più importante: «È fondamentale affidarsi a nutrizionisti esperti, che possano dare consigli e informazioni appropriate sui nutrienti essenziali e come garantirseli, sulle modifiche da fare per venire incontro a restrizioni alimentari imposte da allergie, malattie o, semplicemente, per affrontare le diverse età della vita».

Elena Meli

giovedì 6 agosto 2009

RICETTE: CORNETTI ALLO YOGURT.

INGREDIENTI:
  • 500 gr. Farina
  • 25 gr. Lievito
  • 1 Cucchiaio zucchero
  • 80 ml. Acqua tiepida
  • 30 gr. Burro
  • 250 gr. Yogurt bianco
  • 10 gr. Sale

TEMPO E COTTURA:
In forno a 180°C per circa 10 minuti.

PROCEDIMENTO:
Unire tutti gli ingredienti, tranne il burro.
Almagamare bene gli ingredienti.
Lavorare l'impasto per alcuni minuti fino ad ottenere una consistenza omogenea. Formare un panetto che si metterà a riposare, coperto da un canovaccio, per 15 minuti.Trascorsi i 15 minuti aggiungere all'impasto il burro e lavorare ancora per alcuni minuti, riottenendo un impasto omogeneo. Riformare un panetto e fare crescere per 30 minuti. Dopo i 30 minuti, prendere l'impasto lievitato e stenderlo a forma di rettangolo, poi da qui a piacere ( intendo per la grandezza) ricavare dei triangoli. Fatto ciò arrotolare i triangoli partendo dalla base fino alla punta. Posizionare poi i cornetti su una teglia rivestita da carta da forno e far lievitare, sempre coperti, per 20 minuti circa. Passati i 20 minuti, infornare i cornetti, in forno precedentemente riscaldato, a 180° per circa 10 minuti, finche si sono dorati.
NOTE E SUGGERIMENTI:
Si consiglia l'utilizzo di una teglia di alluminio.
Fare attenzione alla cottura che avviene velocemente, quindi tenere d'occhio il forno. I cornetti devono essere dorati, non oltre, se no diventano croccanti. Può essere utile prima di infornare cospargere i cornetti con pochissimo burro o della panna da dolci liquida e magari mettere su un pò di zucchero.

lunedì 20 luglio 2009

RICETTE: INVOLTINI DI MELANZANE (4 PORZIONI).

INGREDIENTI:
  • 2 Melanzane lunghe
  • 6 Pomodori maturi
  • 1 Mazzetto di basilico fresco (circa 30 foglie)
  • 1 Manciata di capperi sotto sale
  • 200 gr. Provolone piccante
    (Versione Vegan, sostituire il provolone con tofu)
  • 3 Cucchiai di Trentingrana
  • Olio extra vergine di oliva
  • Sale
  • Pepe
TEMPO E COTTURA:
In forno a 180°C per 10 minuti.


PROCEDIMENTO:
Lavate e tagliate a fette per lungo le melanzane e grigliatele finché non sono ben cotte da entrambi i lati. Scottate i pomodori in acqua bollente per 3' così dopo li sbuccerete meglio. Sbucciateli e tagliateli a striscioline. Lavate bene i capperi e il basilico. Tagliate a rettangoli il provolone piccante. Procedete come in figura: mettete su ciascuna fetta di melanzana un pezzo di provolone piccante, un filetto di pomodoro, tre capperi, due foglie di basilico, salate e chiudete (siate cauti con il sale poiché i capperi anche se sciacquati restano ben salati). Una volta messo il ripieno, arrotolate la fetta di melanzana e chiudete con uno stuzzicadenti. Procedete così per tutte le fette di melanzana.
Disponete poi gli involtini in una pirofila, spolverate di Trentingrana, condite con un filo d'olio. Mettete in forno a 180°C per 10 minuti.
NOTE:
E' un piatto fresco, facile e veloce da realizzare: adatto sia all'estate che alle altre stagioni. Potete servirlo come secondo piatto accompagnato da patatine arrosto.

venerdì 3 luglio 2009

MENO TUMORI TRA I VEGETARIANI.

Lunga e sistematica ricerca in Gran Bretagna conferma le stime: chi evita la carne ha il 12% in meno di possibilità di ammalarsi, il 45% nel caso delle leucemie.
LONDRA - E' un diffuso luogo comune: mangiare più frutta e verdura fa bene alla salute. Ora una vasta ricerca rivela che non solo ciò è vero, ma chi fa una dieta vegetariana ha meno probabilità di ammalarsi di cancro rispetto a chi fa una dieta a base di carne. Non è la prima volta che un'affermazione di questo genere proviene dalla comunità scientifica internazionale: la novità, tuttavia, è che non c'era mai stato uno studio così ampio e prolungato nel tempo sulla questione. I risultati sono impressionanti: i vegetariani hanno il 45 per cento di probabilità in meno di ammalarsi di cancro del sangue e un 12 per cento in meno di ammalarsi di qualsiasi tipo di cancro, rispetto a coloro che fanno una dieta carnivora.

Pubblicato sul British Journal of Cancer e ripreso oggi con grande rilievo dalla stampa nazionale britannica, lo studio ha seguito lo stato di salute di 61 mila persone nel corso di 12 anni. "Ricerche precedenti avevano indicato che la carne può aumentare il rischio di cancro all'intestino, cosicché i nostri risultati sono apparsi plausibili da questo punto di vista", dice al quotidiano Guardian di Londra la dottoressa Naomi Allen, ricercatrice del Cancer Research della Oxford University e co-autrice del rapporto. "Ma non sappiamo perché il cancro del sangue ha un'incidenza più bassa nei vegetariani". La differenza, un 45 per cento di probabilità di ammalarsi in meno, è enorme, e riguarda sia la leucemia che altri tipi di cancro del sangue. Non solo, ma chi si nutre di verdura, frutta e pesce, evitando la carne, ha anche il 12 per cento di rischio in meno di ammalarsi di qualsiasi altro tipo di tumore, afferma la ricerca.

"Sono dati significativi", osserva la dottoressa Allen, "anche se vanno presi con un po' di cautela poiché si tratta del primo ampio studio di questo genere in materia. Abbiamo bisogno di farne altri e di saperne di più. Per esempio dobbiamo scoprire quale aspetto di una dieta a base di verdura, frutta e pesce protegge dal cancro. E dobbiamo stabilire quanto influisce positivamente una dieta vegetariana, così come quanto influisce negativamente una a base di carne". Lo studio fa parte di un progetto internazionale a lungo termine chiamato "European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition", che andrà avanti, ad Oxford e in altri centri di ricerca sul cancro.

Altri studi hanno comunque già dimostrato che mangiare carne, o perlomeno mangiarne troppa, può essere nocivo. Non solo per la salute degli umani, tanto per cominciare, ma pure per quella del pianeta: l'anno scorso un rapporto della Commissione dell'Onu sul Cambiamento Climatico ha esortato a rinunciare alla carne almeno una volta alla settimana poiché la produzione di carne, ovvero gli allevamenti di bovini, produce da sola un quinto delle emissioni di gas nocivi. Un rapporto della World Cancer Research Fund, dua nni or sono, ha raccomandato di non mangiare più di 300 grammi di carne alla settimana a causa del rapporto tra una dieta altamente carnivora e il cancro all'intestino. E nel 2005 uno studio finanziato dal Medical Research Council britannico e dalla International Agency for Research on Cancer, ha riscontrato che mangiare due porzioni di carne al giorno, l'equivalente di un panino con la pancetta e di una bistecca, aumenta del 35 per cento il rischio di cancro all'intestino.

Fonte: La Repubblica.it, Enrico Franceschini (1 Luglio 2009).

giovedì 18 giugno 2009

RIFLESSIONI...


Verrà il tempo in cui l'uomo non dovrà più uccidere per mangiare,
ed anche l'uccisione di un solo animale
sarà considerato un grave delitto...
Leonardo da Vinci.

La crudeltà verso gli animali è tirocinio della crudeltà contro gli uomini.
Publio Ovidio Nasone (43 a.c.-17/18 d.c.) - Poeta latino.

Noi non abbiamo due cuori - uno per gli animali, l'altro per gli umani.
Nella crudeltà verso gli uni e gli altri, l'unica differenza è la vittima.
Alphonse de Lamartine (1790-1869).

martedì 19 maggio 2009

CARNE PER TUTTI.
Raitre, REPORT 17.05.2009


In Italia siamo 60 milioni di abitanti e consumiamo circa un centinaio di chili di carne a testa, per lo più come in Europa e negli Stati Uniti. E così per soddisfare i nostri appetiti macelliamo circa 500 milioni di polli all'anno, 4 milioni di bovini e 13 milioni di suini, ma siccome non ci bastano il resto lo importiamo. Ma sul pianeta Terra viviamo in 6 miliardi e mezzo e già adesso in molti muoiono di fame, altri che la carne la vorrebbero ma non possono permettersela. Tra qualche anno diventeremo 10 miliardi, si potrà produrre carne per tutti? C'è chi dice che sarebbe il suicidio del pianeta. Fao, Onu, Ipcc avvertono che il 18% dei gas serra che alimentano i cambiamenti climatici sono frutto degli allevamenti, che battono tutte le altre attività umane, comprese le emissioni dell’intero parco auto del pianeta. Per produrre un chilo di carne di bovino si consumano 15.000 litri di acqua e cereali per dieci volte il peso dell’intero animale - cereali che potrebbero sfamare molte più persone - Non basta. Più della metà degli antibiotici prodotti sono usati per uso zootecnico. Le malattie negli allevamenti intensivi aumentano, ma poi aumentano anche ceppi di batteri resistenti agli antibiotici e le malattie umane da benessere come le patologie coronariche, il diabete, l’ obesità che derivano anche da eccessivo consumo di alimenti animali. Senza contare il problema della montagna di liquami ed escrementi che inquinano le acque e non sappiamo più dove mettere. Il paradosso è che più si produce carne a basso costo, grazie a questo modello di allevamento industrializzato, e più aumentano i costi per l’ambiente, e l’agricoltura è la prima vittima di un paradigma economico che non regge più. Eppure le soluzioni ci sarebbero, andrebbero però attuate subito, prima che sia troppo tardi.

GUARDA LA PUNTATA 'CARNE PER TUTTI'.

mercoledì 13 maggio 2009

DA REPUBBLICA.IT

GAND, CITTA' VEGETARIANA.
Al via il giorno "senza carne".

Il giovedì solo menù verdi, si parte questa settimana, con politici e funzionari pubblici che daranno il buon esempio. Da settembre si aggiungono le mense scolastiche. Per ridurre la carbon footprint e combattare obesità e malattie.
di ALESSIA MANFREDI.


Giovedì zucchine, melanzane o insalata mista. Bistecca? Proibita. Succede in Belgio, più precisamente a Gand, la prima città amica dell'ambiente ad istituire ufficialmente un giorno alla settimana rigorosamente vegetariano. L'iniziativa presa nel cuore delle Fiandre orientali viene presentata oggi. E il "veggiedag" parte da questa settimana. Il buon esempio verrà dato in primis dai funzionari pubblici e dai politici, che, almeno il giovedì, rinunceranno all'amata fettina per virare decisamente su un menù verde. Da settembre toccherà poi ai bambini, cittadini consapevoli in erba, che alla mensa scolastica per un giorno non troveranno più la carne.

A dare l'annuncio ufficiale oggi è Tom Balthazar, consigliere comunale della città, che si occupa di salute e ambiente. E per far digerire meglio l'iniziativa ai più riluttanti, il comune ha invitato i cittadini a festeggiare e ad assaggiare spuntini gourmet - rigorosamente vegetariani - comunica la Eva, Ethical Vegetarian Alternative, organizzazione che ha cooperato alla creazione della campagna cittadina.

Gand è la prima ad ascoltare il monito a favore dell'ambiente lanciato dalle Nazioni Unite, anche se presto altre città in Belgio potrebbero seguire il suo esempio. Perché anche un piccolo passo può fare la differenza: secondo la Fao, il bestiame è responsabile del 18 per cento delle emissioni globali di gas serra e l'Onu ha rinnovato gli appelli a rinunciare al consumo di carne almeno una volta ogni sette giorni. Oltre a ridurre così la famigerata carbon footprint, - ovvero l'impatto ambientale - Gand vuole anche mandare un segnale contro l'obesità e promuovere un'alimentazione più equilibrata e sana, tagliando il colesterolo.

Si parte questa settimana. Con tanto di mappe che illustrano i percorsi vegetariani della città, evidenziando ristoranti, bar e mense che offrono menù in linea. E brochure e corsi di cucina tematici per ristoratori.

giovedì 30 aprile 2009

DAL CORRIERE DELLA SERA (29 APRILE 2009)

Lo scienziato che scoprì l'HIV.

Gallo: presto tutto potrebbe sgonfiarsi.
«Per evitare nuove e più devastanti epidemie future forse l'unica soluzione è diventare tutti vegetariani.

NEW YORK — «Per evitare nuove e più devastanti epidemie future forse l'unica soluzione è diventare tutti vegetariani». Robert Gallo, il leggendario scienziato di origine italo-americana che nell'83 scoprì il virus Hiv con il francese Luc Montagnier, non scherza: «La trasmissione di virus dagli animali all'uomo è iniziata quando quest'ultimo cominciò a cacciare e addomesticare le sue prede», spiega Gallo, oggi direttore dell'Institute of Human Virology dell'Università del Maryland, dove insegna microbiologia e immunologia. «Non a caso i nativi americani, che non possedevano animali domestici né usarono cavalli prima dell'arrivo degli europei, erano estranei alle malattie infettive». Quant'è grave questo virus? «Nessuno purtroppo è ancora in grado di dirlo.

Cinque anni fa uno scienziato americano profetizzò una terribile pandemia mondiale per l'aviaria: si sbagliò, così come sbaglia chi oggi predice una nuova catastrofe». Il pericolo è stato dunque esagerato? «Non dico questo perché la febbre suina potrebbe mutare geneticamente e diventare ben più grave. Ma oggi questa è solo un'ipotesi, ed è altrettanto verosimile che l'emergenza presto si sgonfi del tutto». Che cosa succederebbe nel primo caso? «Mutando, il virus potrebbe diventare ben più infettivo con un effetto patogeno assai superiore. È il rischio di tutti i virus che entrano nel corpo umano attraverso le vie respiratorie, prendendo immediatamente di mira il tessuto di un organo vitale. Con conseguenze potenzialmente letali».

Che rischio corre l'Italia? «Oggi come oggi, il panico collettivo è ingiustificato in Italia così come in America. Nel mondo esistono emergenze mediche ben più gravi, dall'Aids all'epatite C e dalla tubercolosi resistente ai farmaci alla malaria». Esiste un parallelo tra febbre suina e aviaria? «Nel senso che sono entrambe trasmesse dall'animale all'uomo e poi da uomo a uomo. E minacciano soprattutto i giovani, visto che la gravità della malattia è relazionata all'eccessiva risposta di un sistema immunitario sano. Ma l'aviaria continua a rappresentare una minaccia ben più grave per il tipo di genoma contenuto nel virus, in grado di scatenare una pandemia davvero letale. L'aviaria purtroppo non è stata ancora contenuta e potrebbe tornare a riesplodere con danni devastanti». La febbre suina è sempre curabile? «Non direi. Certo, esistono alcuni farmaci efficaci, ma non abbiamo la garanzia che tutti i malati possano essere curati in tempo. Soltanto l'evoluzione del virus ci dirà quale strategia — medicinali o vaccino — adottare qualora la febbre suina dovesse mutare entro l'inverno, intensificandosi». Come si possono prevenire nuovi virus? «Lo spiego nel mio libro A caccia di virus (Rizzoli): creando nel mondo industrializzato un network di almeno una dozzina di centri d'eccellenza, specializzati come il mio istituto nello studio di virus nuovi, vecchi e futuri. Nell'era della globalizzazione, dobbiamo globalizzare anche la lotta contro i virus».

E se la pandemia esplodesse nel Terzo mondo? «Tali centri avrebbero l'obbligo di collaborare con le nazioni in via di sviluppo per creare una rete di controllo globale. Se un nuovo focolaio esplodesse in Indonesia, ad esempio, essi interverrebbero in loco e subito. Il problema, oggi, è che molti Paesi non posseggono neppure i più rudimentali strumenti di monitoraggio». In caso di pandemia, funziona meglio la sanità pubblica all'europea o quella privata all'americana? «Le ricordo che i Centers for Disease Control di Atlanta, e i National Institutes of Health di Washington sono enti governativi. È sbagliato stereotipare l'America. A Baltimora, dove io vivo, i contribuenti pagano non solo l'assistenza medica dei poveri, ma anche le loro cure anti-Aids».

Alessandra Farkas
29 aprile 2009

venerdì 10 aprile 2009

COMUNICATO CSB PER IL TERREMOTO IN ABRUZZO.

Care amiche e amici,
in questa giornata di lutto nazionale ci uniamo al profondo dolore della popolazione dell’Abruzzo colpita dal terremoto.

Oltre ad un modesto contributo in denaro che abbiamo piacere di devolvere al finanziamento dei soccorsi, offriamo le nostre congiunte preghiere per tutte le vittime e per sostenere spiritualmente coloro che al momento vivono situazioni di grande difficoltà.

Con fede, rinnoviamo il nostro impegno nella diffusione di una cultura spirituale che possa aiutarci a superare anche le crisi più gravi.

Centro Studi Bhaktivedanta
CORSI ECM SULL'ALIMENTAZIONE VEGETARIANA.

venerdì 20 marzo 2009

TRA ORIENTE E OCCIDENTE, UN SACRO RIMEDIO.
di Serena Petrucci.


Ho svolto la mia esperienza di tirocinio presso l’A.S.L. NA1, sita nella struttura ospedaliera San Paolo. Qui presso la sezione di fitoterapia e agopuntura il mio tutor aziendale il Dott.Ottavio Iomelli, dirigente del reparto, mi ha affiancato al Dott.Giuseppe Iovane, che in questa sede svolge visite per l’intolleranza alimentare. Il mio ruolo durante il tirocinio è stato quello di assistere alle viste effettuate da Dott. Iovane e cercare di carpire quante più conoscenze possibili, in particolare sull’impiego e la formulazione di rimedi erboristici. Infatti il Dott. Iovane effettua una visita totale del paziente, indaga a fondo sull’organismo in cerca di tutto ciò che può dare fastidio e al termine della visita, oltre a prescrive generalmente varie analisi che vanno a dare una risposta scientifica a quanto egli può aver intuito, associa una dieta adeguata per una salute totale dell’organismo eliminando i cibi che inducono fastidio e sopratutto prescrive rimedi erboristici quali tisane, infusi o decotti e delle capsule contenenti polveri naturali, fase questa che naturalmente mi ha interessato maggiormente, in quanto ho potuto apprendere nuove nozioni sulla formulazione di preparati fitoterapici, apprendere le sinergie delle piante nelle composizioni erboristiche e capire il giusto utilizzo di tali rimedi. Durante il corso della visita sono rimasta molto colpita e interessata dall’integrazione e utilizzo di metodiche alternative come quelle ayurvediche e cinesi, che da sempre mi affascinano; ho notato infatti, che in genere Il Dott.Iovane analizza il paziente anche seguendo le indicazione della medicina orientale: classifica le persone in base agli elementi di terra, fuoco, aria, acqua e metallo e conferma i deficit dell’organismo mediante le diagnosi della lingua, degli occhi, della bocca e delle mani. Questo metodo ricorda e riporta molto all’Ayurveda che appunto utilizza anche essa le medesime diagnosi e che condivide quasi totalmente la classificazione e l’identificazione con gli elementi terra, fuoco, aria e acqua. Infatti, essa comprende otto principali rami della medicina e ognuna di queste branche specialistiche viene applicata secondo la teoria dei cinque elementi e i tridosha, o tre umori corporei; secondo tale teoria tutti gli organismi hanno una natura pentabhuta, sono composti cioè di cinque elementi base (bhuta): aria, acqua, terra, fuoco ed etere e sono i cinque bhuta ad originare i tre elementi o principi basilari detti dosha che controllano tutte le funzioni fisiologiche;questi tre concetti energetico-materiali, determinano tramite il loro stato di squilibrio lo stato di benessere o malattia dell'individuo.Vata composto da etere e aria,ha sede principalmente nel colon. Pitta composto da fuoco e acqua, ha come sede principale l'intestino tenue. Kapha composto da acqua e terra ,è proprio dei fluidi corporei. Inoltre la diagnosi della malattia viene effettuata attraverso l’esame del polso e le diagnosi della lingua, delle labbra, delle unghie e degli occhi. Dando un breve sguardo alla cultura della medicina Ayurveda, si può dire che attualmente annoverata dall'Unione Europea tra le medicine non convenzionali la cui erogazione è consentita da parte di medici qualificati, essa è il più antico sistema di medicina tradizionale attualmente ancora vivo; nella ricca mitologia indiana, si ritrova Dhanvantari, identificato come il Dio della medicina, mentre le sue origini storiche risalgono a 6000 anni fa; le prime fonti scritte alla sua base, sono i Veda, la raccolta di Testi Sacri indiana, in cui è contenuto un capitolo, l’Atharva Veda un vero e proprio trattato di medicina. l’Ayurveda è basata su un benessere totale dell’individuo e su un equilibrio dell’organismo. Le terapie sono volte a riequilibrare i dosha e prima dell’inizio di qualunque for­ma di trattamento si devono eliminare le tossine nell'organismo. I principi medicinali utilizzati sono, in genere, minerali, metalli purificati ed erbe, in forma di polveri, pastiglie, infusi ed etc. Ho notato come l’utilizzo di piante come fonte di rimedi curativi è alquanto frequente e che inoltre tali piante qui in occidente spesso non sono ancora state approvate come efficaci o hanno un utilizzo diverso o a volte opposto a quello Ayurvedico. Tra le varie piante elencate mi ha colpito “Tulsi”, in occidente conosciuta con il nome botanico Ocinum sanctum, o comunemente basilico santo.

TULSI.
Il Tulsi è una delle erbe principali usate in Ayurveda, l’antico sistema tradizionale olistico indiano. Rinomato per le sue proprietà salutari e preventive, Il Tulsi è noto come “l’Incomparabile”, “la Medicina Madre della Natura” e “la Regina delle Erbe”. In scritture redatte tra il 500 e il 1200 d.C., la pianta del Tulsi viene continuamente citata come una delle colonne portanti della medicina erboristica. Il tulsi scuro (o Shyama) e il tulsi chiaro (o Rama) sono le due principali varietà della pianta (assimilabile al nostro basilico).La prima delle due è considerata avere maggiori proprietà medicinali ed è comunemente utilizzata.

Tulsi e religione.
In India Tulsi è più di una semplice pianta e questo non è dovuto solo alle sue innumerevoli proprietà curative. Il Tulsi, svolge un importante funzione religiosa; è una delle piante più sacre degli indiani moderni, così come lo fu per gli Ariani, abitanti dell’India antica ed è un simbolo importante in molte tradizioni della religione Hindu, in cui viene venerata dai devoti al mattino e alla sera. La mitologia pauranica chiama il Tulsi Vishnu Priya, “l’Amata del dio Vishnu”ed esistono differenti storie nella Bhagavata e nel Mahabharata (antiche scritture e testi epici sacri), che descrivono come Tulsi, dea devota del Signore Vishnu, si reincarnò per l’ultima volta nella pianta Tulsi. Ciò spiega il perché in India questa pianta è adorata come una vera è propria forma di Dio. Ogni casa ne possiede almeno una ed è usuale vedere negli atri, nei giardini o all’entrate della case intere aiuole di Tulsi, quasi a formare un boschetto; dalle famiglie più umile a quelle più facoltose, lo scenario non cambia. E va sottolineato che non è posseduta così a scopo puramente ornamentale, ma in ogni ambito viene quotidianamente adorata come una vera Divinità. Intorno alla pianta si creano dei veri e propri altari, dove spesso sono aggiunte immagini di altre Divinità e dove tutto la famiglia si riunisce a pregare. Nell’ambito religioso la pianta di Tulsi ha un altro ruolo importante, in quanto il suo legno è ritenuto uno dei più pregiati se non il migliore per creare i Japa mala o semplicemente mala cioè delle corone sacre di 108 grani su cui vengono cantati, recitati i Santi Nomi, le preghiere.

Tulsi, caratteristiche della pianta.
Appartiene alla famiglia delle Lamiaceae (Labiateae) e i sui nomi sono Ocinum sanctum o anche Ocimum tenuiflorum L., Basilico Santo, Basilico Sacro, Holy basil e in India tulsi o tulasi.
Il Basilico santo è una pianta aromatica annuale, un arbusto alto fino a 1metro con rami verdi, rossastri o violacei. Il tronco della pianta,in genere,non supera il diametro di 6 cm.

Le foglie di 1-2 cm di lunghezza sono oblunghe di forma ellittica, intere, dentellate, pubescenti su entrambi i lati. Hanno venature sulla parte sottostante che contengono delle sottili ghiandole di olio.
I suoi bellissimi fiori sono piccolissimi, di colore viola chiaro, rosso-porpora, o bianchi; si trovano riuniti in verticilli. Le infiorescenze sono chiamate manjari.

I frutti hanno la forma di piccole nocciole ovoidali lisce.

I semi sono rotondi, piccoli, rossastri-marroni scuro.

Cresce selvatica nelle regioni calde e in quelle tropicali. È originaria dell’India e di altre regioni tropicali dell’Asia, ma cresce abbondantemente anche a Ceylon, in Cina, in Africa, in Grecia, in Australia, in Brasile ed in molti paesi arabi. Viene, inoltre, coltivato in maniera estensiva nell’America centrale e meridionale, principalmente per le sue proprietà medicinali.

Parti usate.
Vengono utilizzate tutte le parti della pianta. Le parti aeree si raccolgono prima che i fiori sboccino, all’inizio dell’estate.
Principi attivi:
Contiene flavonoidi (apigenina, luteolina), triterpeni (acido ursolico), rame in forma organica ed un olio etereo (1%), che comprende eugenolo (70-80%), metil-clavicolo, metil-eugenolo e cariofillene.

Impieghi terapeutici In Ayurveda.
Il Tulsi viene descritto nei testi ayurveda come di gusto pungente con sottofondo amaro, aromatico, molto digeribile, astringente, caldo, secco. È considerato una pianta dissipatrice di gas, aperitiva, digestiva, fragrante, salutare, distruttrice di vermi e cattivi odori, è usata per alleviare tutti e tre i dosha e viene impiegato soprattutto per la febbre. Gli studiosi della scienza ayurvedica riferiscono che essa contiene una forma di prana (energia, forza vitale) molto forte e capace di curare qualsiasi malattia. Ne consigliano l'uso ogni mattina (30 grammi circa di succo di foglie fresche) per prevenire lo squilibrio delle tre forze (vata, pitta e kapha) che legano alla carne i cinque "grandi elementi" terra, acqua, fuoco, aria, etere. È un componente di molti sciroppi ed espettoranti, in quanto aiuta a mobilitare il muco, eliminare il catarro in caso di bronchite ed asma.

In occidente.
Già consigliato da Plinio per la cura dell'epilessia, in Occidente il Tulsi era molto usato per fini medicinali ed entrava anche nella combinazione della "polvere dilettevole" di Nicola da Salerno. Vari studi, effettuati in vitro e in vivo sia su animali che su soggetti umani, dimostrano svariate proprietà e attività efficaci in diverse patologie, appartenenti al Basilico Santo:

  • Azione antiasmatica e salutistica verso l’apparato respiratorio.
  • Azione antinfiammatoria ed antipiretica.
  • Resistenza allo stress & effetto defatigante.
  • Effetti sul sistema nervoso centrale.
  • Azione antiossidante.
  • Attività antimicrobica verso batteri, virus e funghi.
  • Protezione epatica.Attività antitumorale.
  • Riduzione dell’ipertensione arteriosa.
  • Azione anticoagulante ed antitrombotica.
  • Effetti sul colesterolo Benefici nei casi di diabete mellito.
  • Prevenzione e trattamento delle ulcere gastriche.
  • Effetto antiradiazioni. Attività analgesica.
  • Azione antispasmodica.
  • Aderenze peritoneali post-operatorie.
  • Azione insetticida ed insettorepellente.

Forme farmaceutiche e dosaggi.
USO INTERNO:
Infuso 2-3%. Si prende una tazza al dì per la febbre e come tonico generale.
USO ESTERNO:
Polvere: Si friziona delicatamente la polvere sulle afte o le ulcere buccali parecchie volte al dì. L’assunzione quotidiana di un macerato ottenuto facendo stare per la notte intera della polvere in acqua, è utile per il diabete. Succo: Il succo si applica esternamente su punture degli insetti, tricofizie e malattie della pelle. Si può usare, inoltre, sotto forma di gocce per le infezioni dell’orecchio. Si applicano 10 ml sulla parte affetta 2 volte al dì.

Le foglie sono utili per la febbre. Una foglia al giorno previene dal cancro.
I semi si utilizzano per la dissenteria cronica, tosse e febbre.
I semi con acqua sono utili per i disordini mestruali.

OLIO DI TULSI: L’olio proveniente dalle foglie è presente in un gran numero di preparati erboristici. Viene prescritto per curare la tosse, le congestioni e, con l'aggiunta di un po' di miele, per risolvere i problemi e i disordini di stomaco non gravi.
Dose: Succo: 5-15 ml, semi: 5-10 gr

Tossicità del Tulsi.
Non ci sono particolari controindicazioni e la tossicità è minima. Sono stati condotti dei test sul Tulsi riscontrando un amplissimo margine di sicurezza che non si trova in alcuna droga sintetica: per il Tulsi il margine di sicurezza è pari a 306.

CONCLUSIONI.
Da un’esposizione generale si può notare come questa pianta dall’aspetto semplice, ma affascinate possieda un’interessantissima storia. Superficialmente la si potrebbe ignorare, classificandola come una comune specie dalla famiglia del basilico, ma approfondendo gli studi si noterà quanto può essere preziosa, sia per il corpo che per la mente. Come conclusione posso dire che il Tulsi è una pianta dalle grandi proprietà, che possono essere sfruttate per risolvere vari patologie senza recare gravi effetti collaterali e ottenendo buoni risultati. Mi auguro che in un prossimo futuro sia più frequente il suo utilizzo e che i suoi benefici diventino più noti e spero con questo mio discorso di aver invogliato la conoscenza di questa pianta e ancor più spero che la sua storia e le sue virtù si divulghino incessantemente regalando benessere, spiritualità e conoscenza.

mercoledì 11 marzo 2009

martedì 3 marzo 2009

PSICHE E COSCIENZA.
CIBO PER IL CORPO E CIBO PER LA MENTE.
di Marco Ferrini.

Senza il risanamento della psiche, la conoscenza del sé e la realizzazione spirituale sono solo un miraggio poiché le rappresentazioni mentali distorte, oltre a generare pesanti squilibri e gravi patologie sul piano psicofisico, impediscono di accedere alla visione della Realtà. Per questo motivo la cura della mente deve essere parte integrante e indispensabile di un progetto globale di rieducazione che abbia per scopo ultimo la realizzazione spirituale(1). Per modificare gli automatismi mentali dobbiamo intervenire sui contenuti psichici; per intervenire sui contenuti psichici è indispensabile modificare le abitudini, cominciando dal cibo che forniamo alla mente. La mente, come il corpo, va nutrita. C’è quindi un cibo per il corpo ed un cibo per la mente; in entrambi i casi è necessario un processo digestivo che può essere più o meno facile: vi sono infatti alimenti indigesti che producono tossine e originano malattie e alimenti sani e nutrienti che danno vigore e lucidità al complesso fisico e a quello mentale. Finché non cambia il cibo con cui nutriamo la mente, essa non può cambiare i propri modelli di comportamento. La coscienza condizionata è come un campo: il campo mentale (citta); quel che seminiamo in questo campo è destinato a crescere e inevitabilmente a dare frutti, nel bene e nel male. La mente si nutre di tre tipi di cibo: il primo è quello che nutre anche il corpo fisico, il secondo è costituito da impressioni, emozioni e pensieri, nutrimento quantomai importante e delicato, da cui dipende la salute della sostanza psichica; il terzo e più importante sono i guna(2), gli elementi strutturanti dell’universo, i fondamenti sottili della materia i quali, pur essendo indistruttibili ed ineliminabili, possono essere trasformati nei loro reciproci rapporti di forza. La mente, infatti, attraverso il cibo fisico, le impressioni e la progressiva trasformazione dei guna, può gradualmente migliorare la propria caratteristica dominante passando da tamas a rajas e da rajas a sattva. Secondo la tradizione Vedica, la più sicura ed efficace via per la trasformazione migliorativa del carattere è costituita dalla compagnia di persone sante(3) le quali, in forza del loro personale esempio, ispirano modelli di vita puramente sattvica. Fino a tempi recentissimi gli esperti delle neuroscienze affermavano che ogni giorno nell’organismo umano muoiono circa cento milioni di neuroni destinati a non rigenerarsi più. Oggi quest’affermazione è messa in dubbio; un fatto è comunque certo: che tale processo viene accelerato da abitudini scorrette, purtroppo assai diffuse, come ad esempio l’uso di intossicanti. In Italia muoiono 80mila persone all’anno per i danni provocati dal fumo e 40mila a causa dell’alcool. Anche senza voler considerare i casi limite, l’assunzione di eccitanti di qualsiasi tipo, da quelli apparentemente innocui, come la caffeina, ai più dannosi, come gli oppiacei, non può che turbare l’equilibrio psicofisico della persona che, dopo un’iniziale eccitazione, piomba in uno stato di profonda depressione, malattia oggi non a caso largamente diffusa (quattrocento milioni nel mondo solamente i casi diagnosticati). Ciò porta di conseguenza all’insorgere di gravi disturbi del fisico e della personalità: nevrosi, psicosi e demenza senile, oggi tutti in continua crescita. L’Ayurveda(4) spiega in maniera accurata e scientifica come ogni scorretta abitudine di vita comprometta la salute del corpo e della mente. La sovralimentazione, ad esempio, è una delle cause principali dell’invecchiamento precoce e di tante altre malattie: tutto quel che mangiamo in più rispetto al nostro fabbisogno, si trasforma in veleno. Altrettanto deleteria è la tendenza opposta, quella che porta ad assumere una quantità di cibo al di sotto delle nostre necessità. Ad uno sguardo superficiale le conseguenze di questo e di numerosi altri comportamenti passano pressoché inosservate, ma queste azioni, ripetute nel tempo, si trasformano in abitudini, che finiscono per determinare la struttura psicofisica di un individuo, il suo carattere e quindi la qualità della sua vita, presente e futura. L’insoddisfazione, l’avidità, l’invidia, la collera, la paura ed altri sentimenti negativi sono tutti prodotti dell’ego, riflessi di ahamkara(5), la percezione distorta di sé. Quando la coscienza di un individuo è integralmente proiettata all’esterno, percezioni ed emozioni si modificano di continuo, a seconda degli eventi e delle circostanze; ciò provoca un alternarsi estenuante e penoso di eccitazione e depressione, esse stesse malattie e a loro volta causa di molti altri mali. Quando invece la coscienza è rivolta interiormente e il fulcro è il sé spirituale, qualsiasi cosa accada all’esterno non turba più: la concentrazione sulla realtà, quella immutabile, trascendente, consente di sperimentare un profondo benessere, fino alla beatitudine che scaturisce dalla piena consapevolezza della nostra natura profonda e di quella del fenomenico(6). I Veda spiegano che esistono tre livelli di mente: manas, la mente esteriore, sensoriale, lo strumento del pensare superficiale, con funzione totalmente estrovertita; buddhi, la mente intermedia o intelligenza e cittah, la mente profonda e inconscia, talvolta definita coscienza condizionata. Quest’ultima è sicuramente molto più vicina al sé spirituale di quanto non lo siano le prime due ma non per questo rappresenta il più alto livello di consapevolezza: quando si parla di mente profonda siamo infatti ancora nell’ambito di ahamkara, la coscienza riflessa o, appunto, condizionata; la pura coscienza è situata oltre, al di là di spazio e tempo e quindi al di là di ogni pur sottile identificazione con il fenomenico. La mente sensoriale è estremamente mutevole e fallibile, in quanto sempre soggetta all’interazione dei sensi con i loro oggetti. I sensi riversano all’interno della mente superficiale fiumi di informazioni e di sensazioni, generando un susseguirsi incessante di impressioni e di desideri legati al mondo del divenire e perciò estranei alla vera natura e felicità dell’essere. L’individuo che non percepisce la realtà situata oltre manas, rimane irretito, travolto da questo flusso di impressioni (vritti) e di desideri e tenta di appagarli sottoponendosi a fatiche, privazioni, sofferenze; ma la sua disperata ricerca di felicità è destinata a rimanere frustrata. Quando la persona prende nuovamente coscienza della sua identità profonda, quella spirituale, diventa capace di discriminare tra sat e asat(7), tra realtà e illusione (tattva-viveka); la sua intelligenza (buddhi) si illumina e non lascia filtrare nella coscienza profonda ciò che la mente esteriore senza sosta propone, causa certa di inquinamento(8) e sofferenza. Come già affermato, così come per il corpo, esiste un cibo anche per la mente ed entrambi vanno scelti con cura. Per il corpo sono da evitare gli alimenti conservati poiché hanno esaurito o fortemente ridotto il loro contenuto pranico, vitale, e ancor più quelli che trasformati in cibo con atti di violenza; si dovrebbe egualmente evitare di mangiare con ingordigia, con avidità, in quantità eccessive o in orari poco adatti poiché gli effetti del cibo su corpo e psiche dipendono in buona parte dal modo e dallo stato mentale con cui esso viene assunto. E’ parimenti importante nutrire la mente di pensieri, desideri ed emozioni in armonia con l’ordine cosmico e divino (ritam, dharma), tenendo accuratamente a distanza quei contenuti psichici che inquinano sia la mente superficiale che quella profonda. Questi oggetti psichici contaminati e contaminanti lasciano nell’inconscio delle tracce, delle impressioni profonde, ‘solchi’ (samskara) e tendenze (vasana), che in seguito determineranno i cosiddetti automatismi mentali. Attraverso la ricerca costante di purezza, di situazioni, compagnie, visioni e suoni sattvici, l’individuo si libera gradualmente dei fardelli karmici(9) più pesanti, riacquistando visione spirituale e fede nella Realtà superiore, favorendo con ciò il benessere e la crescita propri ed altrui. Va sottolineato infatti che ogni squilibrio psichico, come la depressione ed altre malattie mentali, dalle più lievi nevrosi alle più gravi psicosi, per quanto apparentemente legato a situazioni esteriori e non dipendenti dal soggetto che ne soffre, secondo i Veda ed anche secondo la mia esperienza, trova invece le sue profonde radici in un utilizzo scorretto dell'intelligenza, in una volontaria o involontaria infrazione al dharma, all’ordine cosmico che tutto sostiene e che costituisce il fondamento di ogni equilibrio. Quando la persona anziché muoversi in armonia con il dharma, lo infrange, il suo apparato psichico è il primo a risultarne danneggiato, più o meno gravemente a seconda dell’errore commesso. In ultima analisi quindi, le malattie sono causate dalla distorta percezione di sé, che costringe corpo e mente a comportamenti dannosi ed artificiali. Quando si riprende consapevolezza della nostra natura spirituale e non ci si identifica più con il corpo e con la mente, quando il soggetto si riappropria dei suoi preziosi strumenti senza venirne più condizionato e dominato, è allora che si impara ad utilizzarli nel modo corretto. Così facendo è anche possibile riguadagnare la salute psicofisica. La guida di una persona illuminata che educhi alla discriminazione (viveka) tra ciò che è reale e ciò che non lo è, aiutando l’individuo a ristabilirsi nella mente profonda perché acceda alla visione spirituale e alla consapevolezza della sua vera natura, è indispensabile per potersi guardare dentro, diventare consapevoli dei propri comportamenti e delle loro conseguenze ed uscire dai propri condizionamenti mentali. Nella tradizione vedica tale persona è il Guru, il Maestro spirituale, grazie al quale è possibile cambiare le proprie abitudini ed invertire la rotta esistenziale. Il Guru è dunque per il discepolo molto più di uno psicologo, in quanto non indica solamente come sanare gli squilibri della psiche per riportarla ad un cosiddetto livello di ‘normalità’ ma insegna anche a come trascenderla, a come andare oltre questo strumento costituito di prakriti che, per quanto correttamente funzionante, rimane pur sempre limitato ed incapace di cogliere ciò che è oltre la materia: il mondo dello Spirito. Esistono infatti, fortunatamente, anche comportamenti che esercitano un’influenza assai benefica sul nostro complesso psico-fisico, e che il guru rafforza con i suoi insegnamenti e soprattutto con il proprio esempio. Lo sviluppo della consapevolezza di sé attraverso la devozione a Dio e al Maestro spirituale, seguendo alcune regole comportamentali come la compassione, la non violenza, la continenza sessuale, sono un rimedio efficacissimo contro tutta una serie di disturbi psicofisici. In generale, strutturare la propria vita secondo abitudini sane e regolate, come andare a riposare presto, alzarsi di buon mattino e dedicarsi alla meditazione, mangiare cibo fresco, fare le cose giuste ad orari regolari, curare la pulizia del corpo e della mente, aiuta a prevenire e a curare numerose malattie. Enorme è il beneficio apportato dallo sviluppo della devozione a Dio, perché induce a pensare in maniera positiva, intrattenendo sentimenti di empatia, amicizia e solidarietà verso tutte le creature, non soltanto quelle umane, ed evitando pulsioni distruttive come la collera, la concupiscenza, l’avidità, l’invidia o il rancore. La positività non va certo scambiata col sentimentalismo di stampo fatalistico. Non si deve essere astrattamente positivi, bensì impegnarsi, agire concretamente secondo un progetto ben strutturato in vista di un progresso spirituale, altrimenti sarà solo una farsa di breve durata. Pensare positivamente significa vedere i problemi ed elaborare prontamente le soluzioni secondo regole dharmya(10). Le lamentele sono sintomo di scarsa intelligenza e di scarsa visione: privano di energia, spossano, deprimono ed impediscono di reagire, di studiare il problema in tutte le sue componenti, di analizzarlo alla luce del ragionamento (vitarka) e della conoscenza (jnana), in modo da poterlo affrontare e risolvere(11). In caso di bisogno, quando, dopo aver tentato, da soli non riusciamo a trovare una soluzione ai nostri problemi cruciali, i Veda consigliano di rivolgersi al guru o ad altre persone sagge, per consigli. Ma beninteso, la responsabilità delle decisioni non è delegabile in alcun modo. Riuscire a sviluppare una mentalità positiva non è scontato né gratuito. Occorre predisporsi al meglio e coltivare quelle abitudini che favoriscono il perfetto controllo e la corretta gestione del complesso psico-fisico. Quel che c’è da fare è aggiustare i gusti, a tutti i livelli. E’ indispensabile, ad esempio, nutrirsi di un cibo sattvico: alimenti vegetariani, che provocano la minor sofferenza possibile ad altri esseri viventi, ingredienti semplici, freschi, puliti, cucinati ed offerti a Dio con gratitudine e amore. Il cibo sattvico influenza il corpo e la mente in maniera sattvica. Il cibo tamasico o rajasico scarica invece sulla struttura psicofisica tutta una serie di vritti(12) anch’esse tamasiche o rajasiche, di ostacolo allo sviluppo di una mentalità positiva. La qualità dei nostri pensieri è quindi conseguenza del nostro comportamento: il cibo, le compagnie, l’ambiente sociale, le azioni, determinano i contenuti mentali e questi, a loro volta, determinano l’agire, influendo notevolmente sulla salute psico-fisica della persona, sul suo carattere e sul suo destino. Attraverso il sistema nervoso gli stati emotivi e psichici vengono infatti trasmessi alle cellule dell’organismo. La salute quindi non può essere ristabilita soltanto attraverso accorgimenti di tipo chimico-farmaceutico. La stanchezza, la mancanza di memoria, l’impotenza, ad esempio, spesso non sono causati da disfunzioni organiche ma piuttosto da potenti automatismi mentali. Naturalmente anche attraverso la chimica è possibile trasformare gli stati psicofisici, sia in positivo che in negativo; basti pensare a certi farmaci che riducono l'azione rajasica sedando nell'individuo quelle sovra eccitazioni che potrebbero danneggiare lui stesso e gli altri, oppure ai tremori e alla perdita di memoria provocati dall’assunzione di alcool o agli effetti devastanti dell’acido lisergico (LSD). Simili droghe fanno straripare il fiume magmatico dell’inconscio sul piano cosciente, in un momento in cui il soggetto non è in grado di gestirlo sottoponendolo alla luce discriminante dell’intelligenza, ad una coscienza sufficientemente lucida; i danni è facile immaginarli. L’influenza psichica riveste un ruolo decisivo nella gestione di tutto il corpo fisico. Il sistema nervoso funziona come quadro di comando per tutte le funzioni del complesso psico-fisico. Gli oltre cinquanta trilioni di cellule del nostro corpo vengono in ogni momento informate e regolate dal sistema nervoso il quale determina, direttamente o indirettamente, tutte le funzioni, dagli scambi elettrochimici delle sinapsi tra neuroni, alle importanti decisioni cruciali della vita: se un individuo comincia a coltivare pensieri positivi, elevati, le cellule neuronali ricevono questi stimoli positivi e inviano ‘cellule messaggere’ in tutto il corpo, aumentando il numero e la qualità delle loro prestazioni, inoltre, gruppi di cellule precedentemente inattive possono rientrare egregiamente in funzione. Le ‘cellule soldato’, quelle che individuano gli elementi nocivi presenti nel corpo ed intervengono per combatterli, si rafforzano se sostenute da una mentalità positiva generata da una consapevolezza profonda. La psiche infatti non è localizzata in un solo punto, nel cervello: ogni cellula, ogni organo, ha la propria intelligenza, grazie alla quale esplica le proprie funzioni in quella che negli antichi testi vedici viene definita la città dalle nove porte(13), ovvero il corpo: un universo animato regolato con perfezione da sottilissimi equilibri, del tutto simile al più grande universo cosmico. Secondo i Veda, come il microcosmo del corpo umano ha la sua controparte nel macrocosmo universo, così la psiche umana ce l’ha nella psiche cosmica e l’anima umana nell’anima cosmica. I Veda e in particolare le Upanishad, rimandano continuamente al rapporto tra micro e macrocosmo per far comprendere l’unitarietà che collega tutti gli esseri tra loro, con il creato e con il Creatore, Dio. Quando invece i contenuti psichici sono negativi si esplicitano in collera, concupiscenza, odio, malumore, invidia, delusione, depressione, e le cellule soldato ricevono dalle messaggere cattive e scoraggianti notizie, per cui si confondono, si indeboliscono e vengono facilmente sconfitte dagli agenti patogeni esterni, dagli ‘invasori’, lasciando libero corso alla malattia. Tutto ciò avviene attraverso canali esterni all’io cosciente. Anche se pensiamo che certe impressioni, emozioni e pensieri siano diretti ad altri, a quelli che magari consideriamo i nostri rivali, in realtà essi si volgono prima di tutto contro noi stessi, compromettendo gravemente le nostre funzioni psicofisiche. Se un individuo è sotto l’effetto di tamoguna, che corrisponde all’indolenza psichica, al tramortimento della coscienza(14), o se è in preda a eccitazione provocata da sentimenti rajasici come il desiderio, l’ira o il rancore, le sue cellule e i suoi organi non possono che risentirne, talvolta in maniera devastante. Come il corpo produce varie sostanze di scarto, così il rifiuto fisiologico della psiche è costituito da pensieri negativi, ottenebrati che, in un corpo sano, devono venire espulsi. A differenza però dei rifiuti organici, le tossine mentali possono venire neutralizzate non con la rimozione, bensì riorganizzando l’ambiente e in primo luogo selezionando le impressioni, le compagnie, il cibo, il comportamento; in altri termini curando, sanando, sublimando l’individuo su tutti i piani antropologici. Per poterlo fare è indispensabile individuare in profondità le cause che hanno prodotto quei pensieri e l’opera da compiere ricorda in qualche modo quella dell’archeologo impegnato a riportare in superficie oggetti che giacciono sul fondo. In questo caso si tratta di oggetti di natura psichica che ristagnano nei meandri oscuri dell’inconscio dove, per le cause suddette, si origina tutta una serie di complessi e di disturbi della personalità. Il ricercatore spirituale che opera attraverso la bhakti(15) vive una trasfigurazione antropologica che potenzia tutte le sue qualità e caratteristiche individuali, depotenziando contestualmente gli interessi egoico-mondani e le pulsioni distruttive inconsce. La bhakti guarisce la mentalità turbolenta ed unilateralmente rivolta all’esterno, in quanto consente di sganciare la mente dalla dittatura dei sensi e i sensi dagli attaccamenti verso i loro oggetti (vishaya) nel mondo esteriore, permettendo così di intraprendere il viaggio verso l’interiorità e di riscoprire che la beatitudine e l’immortalità non si trovano fuori ma dentro, nella consapevolezza del sé, in quella dimensione spirituale ben descritta nella Bhagavad-gita, nelle Upanishad e in altri testi vedici. La bhakti è l’insegnamento conclusivo delle Sacre Scritture vedico-vaishnava. In quanto religione dell’amore essa troneggia sulle contrastanti forze titaniche della natura e le armonizza, permettendo di conseguire con prodigiosa naturalezza la coniunctio oppositorum che in occidente fu tanto ricercata anche dagli alchimisti. Per questo viene considerata la via maestra per giungere allo stato di nirdvandva, la libertà dai condizionamenti degli opposti. Chi è sempre incline a pensieri negativi e non riesce a vedere la soluzione ai propri problemi va considerato malato a tutti gli effetti, esattamente come chi soffre di fegato o di cuore, e quindi va trattato con compassione. I problemi più gravi sono costituiti dai blocchi affettivi e dall’incapacità di esprimere le emozioni. Tra coloro che non riescono ad aprirsi, a parlare delle proprie difficoltà, tra i più gravi notiamo gli autistici. Anche l’atteggiamento opposto: la logorrea e l’autoesaltazione, è però anch’esso sintomo di grave malessere psichico. Nevrotici e psicotici sono veri e propri divoratori di energie, proprie ed altrui perciò, nonostante abbiano un ruolo sociale, finiscono spesso per venire evitati da tutti sul piano umano e vivono in un deserto affettivo. La compagnia di persone sobrie, equilibrate, mature, spiritualmente elevate, in grado di dispensare affetto e conoscenza, risulta la migliore cura per loro, e più in genere, per qualsiasi disturbo della personalità. Per una riarmonizzazione dei vari strati della personalità, gli antichi testi ayurvedici consigliano terapie particolari, non costose, ecologiche e soprattutto molto efficaci. In primo luogo sottolineano l’importanza di condurre una vita onesta (arjavam), nel senso più ampio del termine, rispettosa delle leggi di Dio e degli uomini; è fondamentale inoltre che ognuno crei nella propria dimora uno spazio dedicato al sacro, una stanza con immagini della Divinità e del Guru dove poter attuare pratiche che permettono di rigenerarsi, di ricaricarsi di energie positive, di riarmonizzarsi continuamente con l’ordine che sostiene l’intero universo. Queste pratiche immensamente benefiche, sperimentate con successo per millenni, possono essere raggruppate in quattro categorie principali: arcanam, ovvero l’adorazione del Divino in una forma particolare detta Murti, japa o samkirtana, l’invocazione e la meditazione individuale o collettiva sui Nomi divini, svadhyaya, lo studio dei testi sacri attraverso cui approfondire l’introspezione e satsanga, la compagnia di persone profondamente religiose. Gradualmente, assieme ad un retto comportamento(16), le suddette pratiche sgombrano il campo psichico da ogni infiltrazione negativa, consentendo un completo ripristino delle facoltà mentali ed intellettuali, e in generale della salute dell’individuo su tutti i piani. Il saggio non si lascia coinvolgere in pensieri negativi, neanche in situazioni comunemente considerate drammatiche; ci riesce grazie ad una devozione ininterrotta che lo connette stabilmente al Supremo. Per ottenere il controllo emotivo di fronte agli eventi è essenziale lo sviluppo di due qualità fondamentali: abhyasa, la pratica spirituale costante, e vairagya, il distacco emotivo dal fenomenico(17). Ciò ovviamente non significa diventare emotivamente insensibili, simili a pietre, ma non lasciarsi più suggestionare dai fenomeni esterni, rimanendo continuamente collegati alla sfera della Realtà. Significa passare dal sentimentalismo al vero sentimento. Questo livello di coscienza non è facile da raggiungere, è tuttavia possibile attraverso la devozione a Dio; sono indispensabili onestà, tempo e impegno. Proprio come uno scienziato, il sadhaka(18) può sperimentare su sé stesso, nel laboratorio della vita quotidiana, quanto sia diversa l’influenza esercitata da uno stato mentale piuttosto che da un altro. Secondo i Veda, occorre però che un Maestro realizzato nella scienza del Sé lo guidi nei suoi ‘esperimenti’, che gli indichi quali strumenti utilizzare e quali metodologie applicare, altrimenti le prove risulteranno inconcludenti, dolorose, talvolta costellate di amare sorprese. Occorre un Guru che sia presente con il suo esempio e i suoi insegnamenti e che orienti il discepolo verso la devozione a Dio, verso un pensiero di luce, verso la comprensione più elevata, quella di natura spirituale. Lo studente applica la conoscenza spirituale ricevuta dal Maestro e a lui si rivolge ogni volta che incontra serie difficoltà, in modo da capire dove ha sbagliato e come potersi correggere. Affinché ciò sia possibile, Guru e discepolo devono conoscersi a fondo, devono aver sviluppato una profonda, autentica relazione personale, basata su reciproci stima, affetto, lealtà. Ciò solitamente non può avvenire senza una iniziale frequentazione assidua infatti, nella società vedica, il discepolo viveva un consistente periodo della sua vita nella casa-scuola del Guru (Gurukula). Come ad un medico risulterebbe difficile curare un paziente vivendo a migliaia di chilometri di distanza, così il Maestro spirituale, almeno in una fase preliminare, deve stare in contatto con il discepolo, stimolarlo ad applicare la cura e somministrare di volta in volta la ‘medicina’ di cui più necessita. In un secondo momento, quando la relazione spirituale è diventata solida, quando si è stabilita una forte empatia, la distanza fisica non rappresenta più un ostacolo: il discepolo ricorda e si accorda agli insegnamenti del guru; inoltre, in quello stadio, i messaggi arrivano anche per via telepatica. Il rapporto Guru-discepolo non deve quindi essere né virtuale né rigidamente gerarchico. Il Maestro corregge lo studente per il suo bene, per autentico affetto nei suoi confronti; non opera per ottenere una qualche ricompensa; la cura che offre è totalmente gratuita, ecologica ed olistica, volta interamente allo sviluppo della personalità del discepolo secondo le sue tendenze naturali. La salute spirituale ovvero, la consapevolezza del rapporto con Dio, genera tutte le altre: quella intellettuale, quella mentale, quella fisica, quella sociale, quella economica, illuminando ogni angolo buio della mente e sviluppando appieno la personalità. Nei Veda la luce è sempre sinonimo di illuminazione interiore, di intuizione, di conoscenza, e la suprema sorgente di luce è Dio. La fiaccola della fede e dei pensieri elevati, fondati su sat, dovrebbe essere protetta e alimentata ogni giorno. Perché ciò sia possibile è indispensabile l’aderenza ai principi del dharma, essenziali sia per la prevenzione che per la cura delle tante malattie mentali contratte a causa di avidya, la mancanza di consapevolezza spirituale. La salute del complesso mente-corpo non può venire altro che dalla presa di coscienza del paziente della propria natura spirituale, consapevolezza che conduce l’individuo ad un pronto recupero di armonia con sé stesso e con l’universo nel quale è inserito. Secondo la medicina moderna, molto difficilmente si può guarire da certe gravi malattie fisiche e mentali; il modello bio-medico dominante purtroppo prende in scarsa considerazione le interattive dinamiche corpo-mente e spirito, per cui tende a minimizzarle, se non addirittura a negare l’importanza della consapevolezza spirituale nel processo di guarigione. Da molte malattie, anche gravi, secondo l’Ayurveda si può guarire ma occorre che il paziente lavori con onestà, costanza e profondo impegno sotto la guida di un esperto terapista, sottoponendosi con fiducia ad un sadhana rigoroso, e sempre ricercando Krishna prasadam(19). Così come per entrare in possesso di denaro occorre lavorare, allo stesso modo, per avere una mente sana, che produca pensieri positivi, benefici, occorre coltivare la purezza: nel pensiero, nella parola e nell’azione, giungendo a stabilire una relazione armonica con il Cosmo e a vivere nel rispetto delle leggi divine. Il ‘pensiero elevato’ non fiorisce in maniera artificiale; i contenuti psichici sono autenticamente elevati quando la persona vive con coerenza i principi che governano l’universo, in armonia con essi. Quest’armonia, come una sorgente che sgorga senza sosta, è capace di rigenerare in continuazione pensieri, impressioni ed emozioni, togliendo quella polvere dell’illusione (maya)(20) che nell’universo fenomenico tende a ricoprire ogni cosa. La saggezza orientale insegna, qual è l’utilità di cercare la luna nel pozzo, anziché ammirarla direttamente in cielo, in tutto il suo splendore? Similmente: qual è l’utilità di andare a cercare il fascino e la gioia nel mondo, se neanche conosciamo noi stessi e non siamo collegati a Dio, Sorgente di questo fascino? Per godere stabilmente di buona salute, nessuna delle nostre attività dovrebbe prescindere dal bene degli altri, dall’armonia con l’universo, dal contatto con l’Origine del tutto. L’autentica coscienza di Dio, la coscienza del supremo Creatore e Reggitor dei mondi, dell’infinitamente Affascinante(21), è garanzia di benessere in senso globale. In tale stato di coscienza tutte le cellule del corpo vengono nutrite non solo fisicamente ma anche psichicamente e spiritualmente, con pensieri nobili, puri, elevati. I Veda spiegano che è possibile gestire il proprio corpo, l’economia, il lavoro, la vita familiare e religiosa senza sviluppare nevrosi, senza diventare depressi o eccitati, irresponsabili o quant’altro. Le richieste del complesso psicofisico non vanno negate o rimosse ma soddisfatte sublimandole, in maniera che non diventino di ostacolo alla realizzazione spirituale. In questo modo il corpo e la mente diventano strumenti estremamente preziosi, funzionali alla nostra crescita globale. Dovremmo vivere con la consapevolezza che dal nostro attuale livello di coscienza dipenderà la nostra condizione esistenziale futura(22). Lo scopo dell’esistenza è la realizzazione spirituale, il porsi nuovamente in contatto (yoga) con la Realtà, con l’origine, e con il sostegno supremo di tutto ciò che esiste: Dio. Realizzare Dio significa riscoprire anche noi stessi e la nostra ontologica natura di immortalità, conoscenza e beatitudine (sat, cit, ananda); significa trascendere l’ego illusorio ed entrare nuovamente in armonia con noi stessi, con Dio, con il creato e con le creature tutte.

(1) Bhagavad-gita VI, 6-7: “Per colui che ha conquistato la mente, questa diventa la sua migliore amica…Chi ha conquistato la mente ed ottenuto così la pace, ha già raggiunto l’Anima suprema…”.
(2) L'energia materiale “esprime” tre influenze che con il loro condizionamento caratterizzano i jivabhuta, gli esseri incarnati. Esse sono: tamoguna, corrispondente ad ignoranza, stolidità, letargia; rajoguna, corrispondente ad agitazione, ansietà, eccitazione e sattvaguna, corrispondente ad equilibrio, bontà, luminosità, armonia. Il termine guna ha più significati, ma i due più importanti sono quelli di ‘qualità’ e di ‘corda’; quest’ultimo sta a significare che queste influenze legano l’essere vivente al mondo empirico.
(3) Charaka Samhita: sharirasthanam I. 142-147. Bhagavad-gita: IV. 34.
(4) Lett. ‘Scienza della vita’. Antica scienza medica olistica, contenuta nell’Atharva Veda, che considera la salute fisica inevitabilmente connessa a quella psichica e a quella spirituale. Come molte medicine orientali, si basa soprattutto sulla prevenzione.
(5) Corrispondente ai contenuti psichici dell’individuo, con cui questi si identifica, letteralmente significa ‘io, colui che fa’.
(6) “Per qualunque motivo la mente irrequieta e instabile cerchi di proiettarsi all’esterno, ogni volta egli [lo yogin] deve fermarla e sottometterla soltanto al Sé. [...] Così soggiogando costantemente sé stesso, lo yogin, scomparsa ogni impurità, facilmente attinge la felicità infinita che consiste nell’unione col Brahman” (B.g. VI.26; 28).
(7) Lett. ‘ciò che è’ e ‘ciò che non è’.
(8) Per contaminazione s’intende ciò che va contro il dharma, l’ordine cosmico.
(9) Karma, lett. ‘azione’, in senso più ampio sta ad indicare non solo l’atto in sé, ma anche le sue conseguenze.
(10) In armonia con il dharma, l’ordine cosmico.
(11) Cfr. Ramayana, Sundarakanda, shloka 17-18: “Colui che nella difficoltà sopraggiunta domina il proprio sgomento, grazie al proprio vigore riesce a raggiungere lo scopo. Non si deve cedere alla disperazione; essa è il peggior veleno che, come un serpente incollerito, uccide l’ignorante e lo sciocco”.
(12) Onde, vortici mentali, ben descritte da Patanjali nei suoi Yogasutra.
(13) Cfr. B.g. XIV. 11.
(14) In vari testi vedici e in particolare nella Mandukya Upanishad, vengono descritti i differenti stati dell’essere (veglia, sonno, sonno con sogni...); ciò conferma le elevate ed approfondite conoscenze dei saggi vedici in materia di psicologia del profondo.
(15) Amore e devozione reciprocati per Dio e per il Maestro, come attestato in Shvetashvatara-upanishad VI.23.
(16) Cfr. yama e niyama nel Sadhana-pada degli Yogasutra di Patanjali, e Bhagavad-gita XIII.8-12.
(17) Cfr. B.g. VI. 35.
(18) Chi pratica il sadhana, la disciplina spirituale, lett. ‘ciò che guida dritto allo scopo’.
(19) Lett. ‘misericordia’.
(20) Lett. ‘non questo’.
(21) In sanscrito: Krishna
(22) Cfr. Bhagavad-gita XIII.22.
IL CIBO COME COMPLEMENTO ALLA VITA SPIRITUALE.
di Marco Ferrini.


Come ci spiegano i testi della letteratura indovedica, quello che mangiamo non solamente determina quello che noi siamo ma può essere determinante per quello che vogliamo diventare. Attraverso una scelta attenta della nostra dieta, possiamo cambiare radicalmente il nostro approccio alla vita, i nostri stati d'animo e la nostra relazione con il prossimo. Il cibo ci nutre ad ogni livello, nutre sia il corpo che la mente, e dalla sua qualità dipende il benessere dell'individuo nell'interezza della sua costituzione psicofisica. Inoltre e soprattutto il cibo dovrebbe essere preparato e cucinato secondo modalità che favoriscono un affinamento della coscienza e delle sue qualità superiori per permettere un'elevazione etico-morale e spirituale.

E' importante dunque scegliere una dieta, è altrettanto importante però cucinare in modo corretto. Il nostro intento è quello di proporre del cibo sano, servito nella quantità giusta con metodologie di cottura che lo mantengano integro ed equilibrato. Una dieta dovrebbe essere vegetariana e rispettare le regole del cibo che viene offerto a Dio (niente carne, pesce, uova) ed essere anche in armonia con i fondamentali princìpi di una alimentazione sana. Spesso per disattenzione e per la poca importanza che si dà all'alimentazione si finisce per rifugiarsi in cibi che ci nutrono e che ci danno piacere solo superficiale. Le fritture, gli eccessi di zuccheri, lo scegliere sempre gli stessi cereali per nutrirci, il condire troppo con spezie e grassi, ci fa ammalare, rimanere insoddisfatti e poco lucidi e ciò è controproducente anche su di un piano spirituale, poiché questo tipo di alimentazione non aiuta il nostro impegno nelle pratiche per l'elevazione della coscienza.

Dieci regole importanti per un'alimentazione sana:
  1. Mangiare cibo vegetariano, cucinato con la giusta coscienza e come offerta a Dio.
  2. Scegliere cibi che possano essere assimilati lentamente dal nostro organismo e che producano scorie sufficienti per un suo buon funzionamento. Pochi cibi raffinati e zuccheri, niente eccitanti (con una dieta equilibrata non se ne sentirà nessun bisogno), escludere completamente le bevande alcoliche.
  3. Mangiare molto frutta e verdura alternando il cotto e il crudo; il cotto si assimila più facilmente e riscalda, il crudo mantiene integre le vitamine e la forza vitale dell'alimento.
  4. Scegliere cereali diversi ogni giorno, diversi da riso e frumento, ad esempio farro, mais, miglio. I cerali soprattutto se integrali devono essere ben cotti.
  5. Limitare i formaggi stagionati alternandoli a leguminose che è preferibile servire decorticate per evitare digestioni lunghe e laboriose. Consumare altresì latticini freschi e yogurt. Quest'ultimo aiuta la digestione e ci dà sostanze preziose.
  6. Diminuire i condimenti. Ogni alimento ha un suo carattere predominante (salato, amaro, dolce, piccante e acido), un condimento in suo contrasto è utile a valorizzarne le caratteristiche, è sbagliato sovrastarle e perderne l'essenza. Solitamente si utilizza almeno il 30% di condimento di troppo.
  7. Non aggiungere grassi inutili perché solo nella quantità giusta aiutano la digestione e sono il “ponte” tra noi e il cibo, aiutandoci a distinguerne le caratteristiche.
  8. Mangiare preferibilmente poche volte al giorno. A colazione cereali, latte, yogurt e frutta, a pranzo cereali, verdura cotta e cruda, proteine vegetali e derivati del latte, a cena una minestra e della verdura cotta. Tradizionalmente il pane è un alimento essenziale, ma deve essere ben integrato e moderato nelle quantità.
  9. Quantificare il cibo a seconda dei nostri reali bisogni.
  10. Degustare attraverso i cinque sensi il cibo offerto a Dio con l'intento di coglierne l'essenza. Cercare di sviluppare la coscienza per riconoscerne il valore intrinseco, naturale e spirituale. Ciò è possibile mangiando lentamente, con gusto e masticando bene ogni boccone, con attenzione, meglio se in silenzio.